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martedì 30 dicembre 2008

Buon anno agli amanti del tappeto e ai colleghi commercianti

Chi è appassionato di tappeti lo sa, io, Alberto De Reviziis sono l'unico in Italia a non aver utilizzato internet come un semplice atto di presenza commerciale. Sul web c'era un vuoto culturale enorme da colmare, il neofita come pure il professionista, non aveva spazi dedicati al tappeto se non quelli offerti dai soliti siti inglesi o americani. Il metodo di informazione principe rimaneva il libro, uno strumento utile per approfondire l'aproccio con il tappeto, ma inutile per promuoverlo. Chi compra sostanzialmente un libro di tappeti si presume sia infatti già una persona interessata, o addirittura preparata, e questo continuava a rendere l'argomento tappeto una passione ed un tema per pochi. E poi c'era il mondo delle televendite, in alcuni casi anche utile, ad allenare l'occhio e a sviluppare una conoscenza del lato più commerciale del tappeto, ma anche un mondo troppo spesso viziato da omissioni e rivisitazioni per ovvi motivi di interesse commerciale. Così creai Tappetorientale, uno spazio rivoluzionario nel mondo del tappeto in Italia, che permetteva un facile accesso a informazioni altrimenti rare e al contempo offriva spazi a notizie, oltre che una finestra per commentare. A quasi un anno dalla sua nascita Tappetorientale conferma con i numeri il successo di questa operazione. Visitato quotidianamente da un minimo di 80 visitatori ad un massimo di 200, con una media di 70 nuovi visitatori al giorno, Tappetorientale viene oggi riconosciuto (e quindi anche linkato) come una risorsa anche da numerosi siti commerciali di commercianti che hanno saputo riconoscere in questa iniziativa l'onestà ed il valore intellettuale di quest'opera, nata dalla passione di un "amatore" prima ancor che commerciante di tappeti quale il sottoscritto. Qualche giorno fa un amico nonchè appassionato di tappeti mi ha detto "non riesco più a seguire tutte le iniziative che crei e che proponi". Certo, di fronte alla nascita di "Tappetimagazine" alcuni diranno "ma non bastava questo blog?" Si, ma è moltiplicando gli eventi che anche il grande pubblico si interessa di più. Ecco, io credo che se qualche collega come Alberto Boralevi in preparazione di un anno, difficile, ma non per questo necessariamente negativo, ha annunciato in controtendenza l'apertura del suo nuovo Showroom, a Palazzo Frescobaldi in Via S.Spirito 11 a Firenze (dove per l'anno avenire terrà una serie di mostre tematiche dedicate a tappeti e tessili antichi), se sono state allestite mostre sui tappeti un po ovunque, se insomma è ritornata una certa attenzione da parte del grande pubblico verso il tappeto annodato, questo lo si deve anche a quest'aria contagiosa che il mio blog e le mie idee hanno diffuso. Il 2008 ha visto la nascita di tanti nuovi soggetti, che hanno catalizzato gli appassionati: Infotappeti, Tappetorientale, e adesso Tappetimagazine; a qualcuno potrà sembrare una dispersione di energie, sopratutto in questi giorni che scrivo poco o nulla, ma non è così. E' invece solo la calma che precede la tempesta; lo so, in questi giorni non sto scrivendo praticamente niente da nessuna parte e specialmente in questo blog che in tanti ormai seguono affezionatamente, ma è solo perchè tra le feste e il lavoro, ho veramente avuto poco tempo da dedicare alle tante cose che sto cercando di realizzare, tra queste il sito commerciale che mi sta costando molte energie e ore al pc (essendo io molto scrupoloso, sto cercando di realizzare un sito molto descrittivo e dalla comunicazione innovativa). Ormai manca un giorno, alla conclusione di quest'anno controverso che verrà certamente ricordato più per le cose negative che per quelle positive, voglio approfittare di questa vigilia, non solo per augurare ai miei lettori, amici e colleghi un buon principio, ma anche per invitarli a focalizzarsi sulle cose positive che ci sono e che si possono creare. In fondo questo stesso blog è la dimostrazione che nulla è impossibile, basta la volontà e anche le cose più irreali possono diventare vere. Chi altri aveva scommesso su un blog che parlasse sui tappeti? Troppo di nicchia mi dicevano, e invece.. da un blog ne è nato un altro, con una redazione al completo Barry O'connel compreso! Buon anno e buoni proponimenti a tutti, colleghi commercianti compresi, anzi sopratutto a loro che nel bene e nel male sono stati gli unici in tutti questi anni a fare da ambasciatori di quest'arte che oggi in questo momento delicatissimo merita sicuramente di più. Io sto lavorando per questo.

Alberto De Reviziis

sabato 27 dicembre 2008

Oggi, per un tappeto vecchio, anche solo 25 anni sono come un'era

Le ultime disposizioni europee in materia hanno rivoluzionato la definizione e i requisiti del tappeto antico annodato. Rientrerebbero infatti in questa categoria gli esemplari anche solo vecchi di 50 anni. E' una riconsiderazione che in parte condivido, è infatti innegabile come negli ultimi 30 anni, le lavorazioni dei tappeti siano estremamente cambiate. Paesi come la Turchia e la Persia sono passate nell'ultimo trentennio da una realtà agricola ad una post industriale. La trasformazione non ha solo plasmato le genti, ma anche luoghi, usi, costumi e ovviamente anche arte ed artigianato. Di fronte agli enormi cambiamenti avvenuti nelle società mediorientali ed orientali (il processo di ammodernamento è stato più rapido e aggressivo di quanto lo si possa percepire ed immaginare in occidente), 25 anni per un tappeto sono da paragonarsi ad un'era. Basti pensare alla maggior parte delle realtà locali della Turchia orientale, ad esempio, dove negli anni '80 non esisteva un'autostrada che le collegasse ad Ankara o a Istanbul, e che vivevano di pastorizia e agricoltura seguendo ritmi tutt'altro che frenetici. O pensare alle realtà caucasiche che fino a quando è esistita l'Unione Sovietica hanno vissuto una sorta di limbo e di arretratezza arcaica che di fatto si rifletteva nella produzione locale dei tappeti. Un Kayseri o un Kirman di 30 anni fa non è certamente uguale ad un Kayseri o un Kirman realizzato oggi, la qualità delle lane, l'accuratezza della fattura, la finezza dei nodi, la varietà dei decori, la rasatura del vello, risulteranno così diverse da far sembrare i nuovi esemplari le pallide imitazioni dei primi. Senza considerare che poi, molte, moltissime manifatture come Joshagan o Veramin in Persia o Kirsehir in Turchia sono in questi ultimi decenni definitivamente scomparse. Personalmente continuo a definire un tappeto di 40-50 anni una vecchia manifattura, ma è innegabile che il sapore di tappeti anche solo realizzati 30 anni fa sia completamente diverso da quello standarizzato delle produzioni odierne.

venerdì 19 dicembre 2008

Buon Natale da Tappetorientale

Non sono certo di riuscire a pubblicare un ulteriore articolo prima della notte del 24 dicembre, voglio pertanto anticipare ai miei lettori e amici un sincero augurio di Buon Natale.

giovedì 18 dicembre 2008

Sito commerciale


Slitta di qualche giorno l'apertura del nuovo sito commerciale del quale vi presento la bozza.
Purtroppo l'amico webmaster che mi affianca nell'elaborazione del progetto grafico, si è influenzato, e ora costretto a letto ha dovuto sospendere l'allestimento html delle pagine.
Siamo comunque vicinissimi, ormai agli sgoccioli. Ho scelto un allestimento ed una presentazione sobria con sfondo nero per dare risalto maggiore ai colori degli esemplari, nella home un particolare di un tappeto incorniciato che cambierà di mese in mese. Per questo mese avrei scelto il medaglione di un Gunay anatolico primi '900. Il sito verrà mano a mano arricchito con sezioni dedicate alla trattazione generica della storia del tappeto, mentre la galleria dei tappeti verrà settimanalmente arricchita ed aggiornata.

martedì 9 dicembre 2008

Dalla Turchia al Castello Sforzesco

Le Civiche Raccolte d'Arte Applicata – Raccolte Extraeuropee hanno realizzato un’esposizione
temporanea presso le Sale Panoramiche del Castello Sforzesco (26 novembre 2008 -15 febbraio 2009) per presentare al pubblico una ventina di 20 oggetti della collezione islamica,
fino ad ora mai esposti prima, e selezionati dal prof. Giovanni Curatola.
Di notevole interesse i 5 importanti tappeti della collezione, che risalgono al XVI e al XVII sec. che sono stati riportati al loro originario splendore in seguito ad un importante intervento di conservazione. Ci sono anche una selezione di velluti e una serie di rivestimenti ceramici che ornavano moschee e scuole coraniche di provenienza siriana, ad attestare la diffusione dei motivi tessili in un’ampia zona del Medio Oriente.


Per informazioni: tel. 02 884.63744
Apertura: da Martedì a Domenica, dalle 9,00 alle 13,00 e dalle 14,00 alle 17,30
(lunedì chiuso)
Ingresso libero
www.comune.milano.it/craai
www.milanocastello.it

lunedì 8 dicembre 2008

Nomi e attribuzioni erronee volutamente ancora in uso

Precedentemente al secondo dopoguerra (a parte un paio di opere fondamentali, oggi divenute dei classici) sull'affascinante materia dei tappeti orientali si era stampato poco o nulla. Fino al '900 infatti, i tappeti avevano potuto raggiungere i mercati occidentali in quantità relativamente ridotte ed erano ancora reputati non suscettibili di una precisa descrizione e di una classificazione approfondita. Fu quando il commercio dei tappeti crebbe fortemente, divenendo da prodotto per pochi a prodotto anche per la classe media, che si sentì la necessità di inquadrare le produzioni proposte al pubblico non più secondo identificazioni del tipo “tappeto persiano o tappeto turco" ma di inquadrare meglio l’area geografica di provenienza. Se da un lato i commercianti o i mercanti di un tempo -che allora sapevano poco o nulla-, iniziarono in maniera superficiale e fallace un goffo tentativo di identificazione dei tappeti, dando così vita a grossolani errori che si prolungarono nel tempo; è anche vero che seppure sbagliando, avviarono comunque un processo di studio scientifico di quest'arte, che vide via via l'interessarsi generale di studiosi ed esperti e che oggi senz'altro hanno contribuito a chiarire moltissimi aspetti. Nonostante la conoscenza acquisita, nomi e false attribuzioni ereditate dal passato sono però, per alcuni tappeti, oggi, ancora in uso; è il caso dei fantastici Ushak o dei Karapinar realizzati in Anatolia nel 1500 e comunemente chiamati Lotto (il nome del pittore che li aveva ritratti nelle sue opere), o del Fantastico ed imponente "Ardebil" del Victoria and Albert Museum di Londra, il quale non è affatto un Ardebil, ma piuttosto un Tabriz annodato per la moschea di Ardebil e lì ritrovato. Forse, fanno bene i colleghi a lasciare immutati i nomi che questi famosi tappeti hanno ormai acquisito nel tempo, ma è comunque una scelta più dettata dalla pancia che dalla scienza, e che forse non aiuta chi in qualità di neofita, tenta un primo approccio con questa misteriosa quanto affascinante arte.

domenica 7 dicembre 2008

Prove tecniche di catalogazione

So di avervi fatto aspettare, ma ci siamo quasi!
Come avrete capito, il mio approccio con le cose (molto mediorientale) mi porta a ponderare molto in ogni circostanza, tanto da realizzare gli obiettivi che mi sono prefisso con una metodica, lenta e programmata. E' il modo migliore per me, di non sbagliare, visto che tutte le volte che mi ritrovo a fare il contrario, mi ritrovo poi a pentirmene amaramente. L'informatizzazione della ditta è un passaggio obbligato, che mi sono prefisso e che sto realizzando con calma e ponderatezza. Uno dei tanti domini internet che ho deciso di acquistare (quello principale) l'ho già acquistato, la bozza del sito è pronta, e la fotocamera per immortalare i mie amati tappeti pure, la data di apertura del sito è invece prevista per il 18 dicembre. A questo proposito volevo dire che sto famigliarizzando con la fotocamera, ecco due piccoli e semplici "articoli", ma al tempo stesso di sapore, che ho immortalato stasera per prova. Come noterete - e come avevo già preannunciato- ho deciso di presentare i tappeti su sfondo nero, graditi i commenti.

sabato 6 dicembre 2008

Tappeti nel presepe


Anche questo dicembre ho puntualmente allestito il presepe. Si tratta di un diorama da me costruito qualche anno fa, con cartapesta, legno, sughero, stucco, terra, paglia, sabbia, muschio, colla e vernice. E' ampio e rappresenta la grotta incastonata in una catena montuosa dove svettano villaggi montani dall'architettura tipica (le cupole le ho create dividendo a metà delle sfere di polistirolo che poi ho incollato sui tetti e dipinto con della vernice dorata). A valle il sentiero, dove spicca un caravanserraglio (quello che non aveva accettato Maria e Giuseppe).
Ovviamente non potevano mancare i tappeti! In questo particolare, è possibile vederne uno che ho inserito di fronte alla porta principale del Caravanserraglio, si tratta di un modello persiano sicuramente decontestualizzato nel periodo in cui è rappresentato, ma che trovo comunque di gradevole effetto. L'unico neo di cui mi rammarico è il fatto di non essere ancora riuscito a reperire una statuina di un venditore di tappeti in tutti questi anni, mentre so benissimo che ne esistono in commercio.

giovedì 4 dicembre 2008

Motivo Celabard e Adler kazak - Aquile, draghi o raggi solari?

Un motivo particolarmente intrigante e controverso nei kazak è quello ad aquile. Questa particolare iconografia realizzata tra Ciondzoresk ed Erivan è così specifica da costituire un gruppo di tappeti a se, quelli cioè di Celaberd o Adler Kazak (kazak ad aquile). Una sorta di ventata rivisitazionistica a tutti i costi, pare abbia colpito anche questa tipologia; attribuendo il significato simbolico anzichè a delle acquile ad ali spiegate ad un non meglio precisato simbolo solare. Personalmente non condivido questa necessità di mettere costantemente in discussione le vecchie teorie, specie quando si parla di manufatti di area armena. Anzi direi che molti nuovi autori scrivono più per se stessi che non per i lettori, nel solo probabile fine, di creare la notizia sensazionalistica. Nel caso del simbolo delle aquile spiegate, assistiamo al ripudio di un'attribuzione iconografica abbastanza certa, per una più generica e poco convincente. Il motivo dell'aqcuila -in questo caso strutturato in forma radiale- è infatti un simbolo tipico della cultura armena, tanto da essere presente come simbolo principale nell'attuale stemma dell'Armenia, quanto nello stemma storico degli Artassidi, (dove due aquile si fronteggiano), come pure nello stemma degli Arsacidi d'Armenia, (aquila bicipite), prima dinastia cristiana armena, che regnò dal I secolo a.C. al 428. Le teste delle aquile, la cui rappresentazione della testa deve essere omessa per motivi religiosi, sono spesso coperte da elementi floreali, ma sono sempre chiaramente riconoscibili le zampe divaricate degli uccelli, le code e le loro ali elaborate. Chiamato dai rivisitazionisti "disegno a raggi di sole" questo tipico motivo Celaberd viene oggi decontestualizzato e reinterpretato genericamente tanto come "disegno di derivazione floreale" quanto "disegno di derivazione solare", ma al di là della ricontestualizzazione e della reinterpretazione forzata, non ho mai letto una spiegazione sufficientemente, antropologicamente e storicamente convincente per giustificare questo rivisitazionismo concettuale del disegno. Un'altra chiave di lettura sulla quale mi trovo decisamente più concorde potrebbe invece essere quella di una evoluzione iconografica del più archetipo disegno a draghi, altro animale simbolicamente fondamentale nella cultura protocristiana armena.

mercoledì 3 dicembre 2008

Kazak

Gans-Ruedin diceva dei Kazak così: "Non ci si può confondere di fronte a un Kazak riconoscibile soprattutto dalla sua struttura. Un fascino singolare spira da questo tappeto spesso, di lana alta, robusta e brillante, dai toni vivi e gai, dal disegno rustico. La sua arte vigorosa tipica di una popolazione montanara, ha fatto dei Kazak il tappeto più popolare in Europa, dove è conosciuto dai tempi del Rinascimento". In effetti contrariamente a quanto è stato fatto pensare a causa di un mondo commerciale assolutamente impreparato che reputava i kazak come manufatti di una certa grossolanità, il tappeto Kazak è invece sempre stato un bel tappeto, semplice e genuino, e quelli d'epoca sono stati sempre di buona qualità, realizzati con lane ottime, caratteristica che hanno mantenuto sempre, anche durante il declino generico del tappeto caucasico e quindi fino ai giorni nostri. Le dimensioni sono sempre medio-piccole, la rasatura è alta e l'annodatura simmetrica, con concentrazioni tra gli 800 e i 1000 nodi per decimetro quadrato. Le decorazioni rispondono sostanzialmente a quattro tipologie principali:
  • a croce aguzza
  • a medaglione centrale con quattro medaglioni minori ai cantonali
  • a pluralità di medaglioni
  • a motivo di acquila ad ali spiegate o Adlerkazak

e si suddividono in una molteplicità di sottocategoria, ma nel complesso le decorazioni rappresentano l'influenza stilistica tipica anatolica e talvolta selgiuchide.

Etimologia del termine kazak

Il termine kazak non corrisponde a nessuna città o regione (contrariamente a chi invece li riconduce al Kazakhstan), nè tantomeno ad alcuna distinta etnia. In passato venivano definiti kazak i cavalieri della steppa, gruppi nomadi di origine turca, e forse è proprio questa l'origine etimologica di questa tipologia di tappeto, benchè essa si riferisca ormai ad un insieme raziale ormai stanziale e misto, al quale si sono fuse componenti armene, georgiane, circasse, curde, turkmene e azere.

I mille Kazak

Il Kazak è probabilmente il tappeto meno classificabile nell'intricatissima cerchia dei già ben difficili tappeti caucasici. Il problema nasceva dal nomadismo, un tappeto veniva iniziato in un luogo e concluso in un altro, impossibile pertanto definire un'area precisa di origine. La confusione proseguì quando queste popolazioni divennero stanziali, e si fusero con altre, dando vita così a nuove idee e nuove tipologie. Fino al 900 i tappeti avevano potuto raggiungere i mercati occidentali in quantità relativamente ridotte ed erano reputati non suscettibili di una descrizione precisa e di una classificazione approfondita. Dopo tutto le comunicazioni erano difficili, i viaggi lunghi e costosi, gli stessi nomi dei tappeti evocavano il romanzo e la leggenda. Molti importatori e commercianti poco o nulla sapevano in merito e accontentandosi di utilizzare termini letti su carte geografiche, sui documenti di accompagnamento, nelle etichette incollate sui colli di imballaggio, gettarono le basi per errori che ancora oggi avvengono. Soltanto in tempi recenti nuovi metodi di indagine e di ricerca, gli apporti della scienza, la facilità nelle comunicazioni, il brainstorming di internet, hanno cominciato a offrire agli studiosi solide basi per catalogare e analizzare prodotti artistici tanto diversi. Si possono suddividere così i tantissimi tappeti caucasici genericamente nella storia definiti Kazak come

  • Kazak Borcialù
  • Kazak Karachop
  • Kazak Lori-pambak
  • Kazak Sewan
  • Kazak-Fachralo
  • Kazak Shikli
  • Kazak Shulaver
  • Kazak Lambalo

Ci sono poi i Kazak

  • a scudo
  • a riquadri
  • ad alberi
  • a uncini
  • a svastiche
  • a stelle

Le trame rosse dei Kazak

Oggi che il nostro "microscopio" è diventato un po più potente, i Kazak non sono più una generica tipologia di tappeti caucasici nella quale viene inserita l'intera produzione rustica dell'area. Le idee e le esperienze si confrontano, e propongono nuove soluzioni per la classificazione di questi tappeti. Come viene ad esempio semplificato nel video di Spngobongo, dove si evidenzia che il kazak per antonomasia ha una tramatura rossa. Aggiungo che i passaggi della stessa, sono sempre da due ad un massimo di otto, mai singoli.

Video tratto da: http://www.spongobongo.com/

martedì 2 dicembre 2008

Tappeti ed esoterismo


Un lettore mi scrive:

Alla cotese attenzione del Sig. De Reviziis,

mi chiedevo se lo studio dell'arte dei tappeti orientali fosse in relazione con lo studio e la conoscenza di una "scuola esoterica" e con i suoi "maestri" di provenienza caucasica? Cordialmente...

Risposta

Gentile e curioso lettore,

una diretta relazione tra tappeti ed esoterismo di origine caucasica lo escluderei, ma senz'altro anche in questo senso alcuni manufatti e simbologie hanno interpretato questa necessità umana.
Penso ai Tulù anatolici che quando venivano realizzati con colori sgargianti assumevano il compito di "scacciare" gli spiriti, penso agli animali talismanici di derivazione mazdeista e presenti in molti tappeti, penso ad alcuni tappeti tibetani con chiari richiami ed utilizzi scaramantici, ecc ecc. Le iconografie dei tappeti poi -contrariamente a quanto si pensi- non sono tutte figlie della cultura islamica, anzi, gran parte del bagaglio iconografico dei tappeti geometrici, è protocristiano, con simboli chiaramente riconducibili alle religioni più antiche e pagane, dove i concetti esoterici rientravano perfettamente nel quadro sociale di quei tempi e che proprio nella potenza dei simboli avevano maggiore espressione. Ci sono poi le favole come "il tappeto volante" che certo hanno contribuito a livello popolare la mitizzazione dell'oggetto e c'è sicuramente la provenienza da dove il tappeto nasce e poi si distribuisce che certamente lo presta a discorsi di questa natura. Basti pensare alla caffeomanzia (capacità presunta e tutta turca di leggere il futuro dai fondi di caffè), al sufismo, o agli zingari da sempre visti come stregoni e da sempre legati al commercio e ad una -anche se ben minima- produzione, di tappeti, è poi c'è lo yoga caucasico, e la meditazione, che proprio attraverso il tappeto si sviluppa nell'asia più profonda come mezzo per ascendere alla buddità. Il puzle è complicatissimo e ancora una volta il tappeto dimostra quanto intimamente abbia fatto parte e faccia parte tutt'ora della nostra complessa e fragile umanità.

lunedì 1 dicembre 2008

Tappeti persiani e anatolici nel museo di Mia a Doha

Ha aperto oggi al pubblico il Mia (museo di arte islamica) di Doha nel Qatar.
"La nostra religione si identifica con la conoscenza, non con il terrorismo": così Sheikha Al-Mayassa, responsabile del Qatar Museums Authority, spiega la nascita di questo nuovo interessantissimo museo. Si tratta di un complesso di 45 mila metri quadrati, costruito con blocchi di pietra del colore della sabbia, su progetto dell’architetto Ieoh Ming Pei, (il disegnatore della piramide di vetro del Louvre), mentre l’interno è stato invece ideato dall’architetto francese Jean-Michel Willmotte. Il Mia ospita una collezione, come sottolinea anche il direttore del museo, l’inglese Oliver Watson (che proviene dal Victoria and Albert Museum di Londra), "di grande importanza, comparabile a quella del Louvre di Parigi". Stupisce la qualità dei pezzi presenti e la loro eterogeneità; una collezione che spazia dalle miniature persiane, alle piastrelle turche dell’epoca ottomana, dai quadri di epoca khadjar, a gioielli da mille ed una notte, con rubini e smeraldi di dimensioni eccezionali, fino ad un pezzo di tappezzeria in seta dell'epoca moresca. Non poteva ovviamente mancare una ricca collezione di tappeti annodati che le cronache giornalistiche hanno definito come: "preziosi tappeti persiani e velluti ottomani con filature d’oro". La cerimonia inaugurale del Museo di Arte Islamica di Doha ha visto la presenza di personalità di tutto il mondo, unico neo l’assenza totale di rappresentanti della cultura italiana.