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giovedì 8 luglio 2010

I kilim ancestrali di Çatal Hüyük

Çatal Hüyük rappresenta per la tappetologia il sito archeologico contenente le più antiche testimonianze pittoriche di tappeti annodati. Si tratta di un importante centro abitato di epoca neolitica dell'Anatolia (Turchia), situato nella regione di Konya, scoperto dall’archeologo James Mellaart nel 1957 e datato tra il 6500 a.C. ed il 5500 a.C. Era costruito secondo una logica completamente diversa da quella moderna: le case erano monocellulari e addossate una all'altra ed avevano altezze diverse, gli abitanti si spostavano passando da un tetto ad un altro e per molte case l'ingresso su quest'ultimo era l'unica apertura. A livello delle terrazze avveniva la circolazione da una casa all'altra, nonché gran parte delle attività domestiche.
L'assenza di aperture verso l'esterno, nonché di porte a livello del terreno, difendeva la comunità dagli animali selvatici e dalle incursioni di popolazioni confinanti; l'unica via d'accesso all'intero complesso erano scale che potevano facilmente essere ritirate in caso di pericolo
Una città di natura unica, non fortificata ma ad ogni modo protetta sapientemente dall’unico muro che la includeva perimetralmente, un alveare, dove seimila abitanti manifestavano una civiltà evoluta, coltivavano almeno quattordici specie vegetali: dal frumento, all’orzo, ai legumi, producevano bevande fermentate e allevavano bestiame e api. La ricostruzione degli arredi e delle abitudini domestiche fu cosa agevole per gli archeologi, anche grazie alla ricca presenza di reperti riscontrata, e che lasciava ipotizzare un uso diffuso di tappeti piatti. Ma la testimonianza più importante la rivelarono gli affreschi delle sale che gli studiosi definirono "templi", ossia quei luoghi destinati alle celebrazioni rituali. Le pareti erano affrescate di segni, così ben architettati e ordinati da significare impianti di tappeti kilim nella loro interezza, non solo quindi nei simboli, ma anche nell'ordine in cui erano disposti. Tappeti disegnati dunque, e sostanzialmente analoghi agli impianti dei kilim di produzione attuale. La simbologia dei disegni è quello della Grande Madre, culto della fertilità diffusissimo nel Neolitico, con rappresentazioni stilizzate della divinità nell’atto di partorire, e affiancata da divinità guardiane. Un’altra simbologia riscontrata nei kilim affrescati sulle pareti dei templi era quella del Signore degli animali, culto anch'esso molto diffuso in Oriente, e che indicava la capacità dell'uomo di governare le forze della natura.
Il kilim turco, così apparentemente povero per tecnica e così poco evoluto nel disegno, tanto da essere spesso disprezzato come un tappeto di seconda categoria...si rivela invece grazie a questa scoperta, il fossile vivente più ricco e misterioso di tutte le produzioni tessili sopravvissute nei secoli, e nei secoli rimodellatesi agli usi e ai costumi dell'umanità.

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