Forse i primi tappeti non furono realizzati da popolazioni iraniche, tuttavia in Persia la tradizione dell'annodatura raggiunse livelli così elevati da costituire l'aspetto più importante dell'arte locale.
Dagli Ilkhanidi, ai Timuridi, fino ai Safavidi, la storia del tappeto persiano segue una sua evoluzione stilistica (attraverso le varie dinastie che si susseguono) praticamente unica, che non ha eguali nel mondo dei tappeti orientali.
Nel tappeto Persiano le correnti ornamentali tradizionali sono principalmente due: quella che vede un medaglione centrale e quella che organizza il campo con motivi sparsi, ripetuti o disposti in reticolati, grate e file. I soggetti possono essere floreali come geometrici, la bordura ha sempre funzione fondamentale nell'architettura generale del tappeto, rispondendo anch'essa a stili e proporzioni ben precise. Il materiale era anticamente costituito soprattutto di lane (ovine, caprine o di cammello) e seta, oggi vi si aggiunge moltissimo cotone, soprattutto nell'armatura (trama e ordito). L'annodatura è eseguita, secondo i casi, con nodo sennèh o ghiordès (in parole persiane "farsibaff" e "turkbaff"), e la a fittezza è variabile. La corrispondenza del nome del tappeto con il nome della città in cui esso è stato prodotto non può essere considerata come un valore assoluto, purtroppo la produzione moderna persiana organizzata commercialmente dalla domanda del mercato extranazionale ha determinato il nascere di tappeti che vengono indicati con il nome di origine ma che prescindono completamente da esso. In altri casi il nome del manufatto indica il nome delle popolazioni nomadi che lo avevano fatto o persino solo il disegno che lo caratterizza. E' anche vero però che in Iran l'occidentalizzazione dei tappeti e la loro produzione in serie (esempio famoso sono i Saruq americani) non provocò mai effetti così negativi come invece avvenne in altri paesi orientali come ad esempio India e Pakistan. Questo anche grazie ad una serie di leggi che tentarono di arginare alcuni tra i più deleteri effetti dell'industrializzazione con sanzioni a volte molto drastiche. Nel 1903 ad esempio, lo Scià Nasser-ed-Din emanò un provvedimento che puniva con il taglio della mano destra gli artigiani che utilizzavano tinte chimiche all'anilina. Questa scelta di salvaguardare la buona qualità dei tappeti Persiani continuò anche nel xx secolo e conobbe nello Scià Reza Pahlavi uno dei più convinti sostenitori. Grazie a lui nel 1936 nacque la Compagnia Nazionale del Tappeto (Sherkate Fars), che svolse una capillare opera di controllo e di organizzazione, promuovendo corsi, scegliendo laboratori per preparare filati di qualità, selezionando manifatture in città e in campagna a cui poi venivano fornite ottime materie prime e cartoni rigorosamente controllati. La scelta si rivelò proficua e lungimirante e salvaguardò almeno in parte alcune produzioni che a tutt'oggi spiccano tra le migliori. Con la crisi del mercato internazionale e la competizione Indo-Cinese in paesi molto importanti come la Russia, la produzione persiana ha rilevato negli ultimi anni un brusco rallentamento nelle ordinazioni, resta comunque una delle produzioni più prolifiche, con centinaia di manifatture. Considerando la carta geografica dell'Iran secondo i punti cardinali, queste produzioni si possono radunare in quattro zone di produzione:
Zona del Nord
Ardebil - Kashan - Nain - Tehran
Zona dell'Ovest
Bijar - Joshagan - Heriz - Hamadan - Kirman - Mahal - Malayer - Mossul - Saruq - Sennèh - Tabriz - Qum
Zona dell'Est
Meshed - Mud - Kain - khorassan
Zona del Sud
Abadeh - Baluchi - Isphahan - Bakhtiari - Shiraz - Yazd
1 commenti:
Personalmente, preferisco chiamare il tipo di nodo "simmetrico" o "asimmetrico". Questo perchè sia in Iran che in altre aree geografiche, i due tipi vengono utilizzati indifferentemente. Ciò può generare confusione; infatti, riferendosi, ad esempio, ad un tappeto Bijar persiano, dire che ha nodo "turco", potrebbe far pensare ad un profano che provenga dalla Turchia. Un saluto
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