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lunedì 30 giugno 2008

Un mito da sfatare

Tra i tanti miti da sfatare attorno a quelli del collezionismo e della vendita dei tappeti orientali annodati, ce sicuramente quello che il tappeto persiano sia a un gradino superiore rispetto agli altri tappeti. Questo pensiero si è così diffuso da far arrivare la gente a fare dei distinguo (ssolutamente sbagliati) tra tappeti persiani e tappeti orientali, quando invero anche il tappeto persiano rientra nella generica famiglia dei tappeti orientali.
Se è vero che i Safavidi promossero innovazioni tecniche e decorative di così vasta portata da caratterizzare i tappeti persiani fino ai nostri giorni, è anche vero che il tappeto non nacque certamente in Persia. Sia gli studiosi in materia, sia le più autorevoli pubblicazioni che trattano tale argomento, ammettono che l'arte del tappeto annodato ha visto i primi albori nelle steppe dell'Asia centrale e seguendo la scia delle tribù nomadi turche, si è estesa fin sulle sponde del Mediterraneo, comprendendo una zona ben delimitata in cui gli artigiani hanno svolto e svolgono tutt'ora tale arte. Ai persiani vanno quindi sicuramente riconosciute manifatture storiche e contemporanee molto importanti, esattamente come debbono venir però riconosciute a turchi, turcomanni ed armeni. Quì in Italia per la scarsa conoscenza e lo scarso approfondimento di quest'arte (più che in altri posti) si è radicalizzato il mito del tappeto persiano, una deriva culturale dell'ideologia nazista degli anni '30.
I persiani essendo infatti diretti discendenti degli Arii, a differenza delle popolazioni turche o semitiche venivano in quegli anni considerati da: tedeschi, italiani e spagnoli, gli unici in grado di produrre manifatture apprezzabili e per questo i loro tappeti vennero per molti anni esaltati e ricercati nelle ambientazioni occidentali (basti pensare alla collezione di tappeti persiani di Hitler).
Purtroppo questa stortura rimase in piedi -soprattutto nel nostro paese- anche fin dopo la caduta del nazismo e del fascismo, condizionando pesantemente la cultura e la compravendita del tappeto orientale, un pregiudizio storico ed artistico grave divenuto negli anni un mito; un mito che a fatica: testi, pubblicazioni, associazioni, studiosi ed esperti stanno incominciando a sfatare.

giovedì 26 giugno 2008

L'impronta del passato

Il tappeto orientale con i suoi simbolismi precristiani e protostorici rappresenta sicuramente un vettore di nicchia, un prezioso frigorifero che ci ha conservato ciò che nelle alte sfere è ormai scomparso. Alcuni simboli nordici e celtici e cristiani come le croci, il cosmogramma e le svastiche, testimoniano infatti tutt'oggi in maniera silente la derivazione indoeuropea tipica delle nostre popolazioni e delle nostre arti, che vedono nel tappeto orientale e nelle patrie di dove questi viene annodato, uno stretto legame storico e filologico.
Nel 1939 Il regime nazionalsocialista tedesco tentò dopo quattro fallimenti consecutivi l'impresa della scalata del Nanga Parbat - Himalaya (la nona vetta più alta del mondo). Il Nanga Parbat era diventato ormai un'ossessione nazionale, una questione d'orgoglio tedesco. I tedeschi la chiamavano "la nostra montagna" e non era un caso. Come non erano un caso le altre innumerevoli spedizioni nelle terre indiane, nel deserto di Gobi e nel Caucaso che il regime nazionalsocialista tedesco aveva preparato alla ricerca di risposte. Caucaso e Asia centrale: la culla delle civiltà celtiche, la patria degli ariani. In questa vasta area geografica i Celti (popolazione di origine indoeuropea) migrarono a est e a ovest, alla conquista dell'Europa e, più arditamente, alla ricerca di nuove terre in Cina. Questo fenomeno lo testimoniano i megaliti preistorici sparsi in tutto il pianeta: dolmen e menhir, dall'Inghilterra alla Korea, tuttora avvolti nel mistero di quella popolazione straordinaria. I custodi più silenti di questa cultura, però, sono come sempre i simboli e i segni, che in questo caso sono riprodotti nella millenaria tradizione della tessitura dei tappeti orientali. Così, mentre in occidente la svastica viene demonizzata come simbolo nazista, insieme a tanti altri simboli di antico retaggio, nei tappeti caucasici e dell'Asia Centrale questi ed altri simboli sono serenamente tessuti senza clamore e senza disprezzo, "fossili viventi" di una cultura non del tutto dimenticata e non ancora completamente dispersa che il tappeto orientale mantiene viva nelle sue trame.


mercoledì 25 giugno 2008

Il significato dei simboli (3° parte)

L'incognita Armena

Spesso i simboli derivano da retaggi a culti pagani naturalistici e zoomorfi, altre volte i simboli derivano direttamente dalla più giovane religione islamica, indipendentemente dalla loro origine è frequente il fatto che chi li riproduce oggi, non ne conosca più il loro profondo ed autorevole messaggio. Un esempio di questa deriva concettuale ce lo fornisce un simbolo molto caro all'islam: il mehrab, che da segno si è col tempo trasformato in un puro motivo decorativo.
Questo svuotamento concettuale che prosegue tutt'oggi, soprattutto nelle grandi manifatture cittadine, di atelier o dedicate al settore "decorativo" produce tappeti di sicuro gradevole effetto decorativo, ma assolutamente incoerenti dal punto di vista concettuale.
Per fare un esempio: non ha nessun senso accoppiare motivi che ricordano il fuoco (simboli zoroastriani) con il disegno della mano di Fatima (tipico dell'Islam); ciò avviene solo in quanto il linguaggio simbolico è stato completamente dimenticato.
Una coerenza concettuale sopravvive invece -malgrado l'ignoranza spesso dello stesso annodatore- nei tappeti nomadi, grazie a quel conservatorismo che da sempre contraddistingue e ha contraddistinto le tribù mediorientali e asiatiche. Secondo una teoria affascinante sostenuta da importanti ricercatori (uno di questi è Volkmar Gantzhorn) tale fenomeno consevatorista sopravviverebbe -sempre nell'ignoranza di chi li annoda- in tappeti turchi, caucasici e persiani su modelli iconografici questa volta però acquisiti o usurpati di tipo armeno. Il popolo armeno infatti venne costretto spesso nella sua storia alla diaspora, fu decimato dalle persecuzioni, soggiogato dalle dominazioni straniere (basti solo pensare a quella Selgiuchide), e sottoposto a trasferimenti forzati soprattutto verso la Persia Meridionale e la Grecia Settentrionale. Per proteggersi e proteggere il proprio culto e la propria identità dalla soverchieria islamica, gli armeni diedero ai simboli dei loro tappeti un linguaggio destinato ai soli "iniziati" di significato cristiano. Questa loro scelta di linguaggio afigurale, fortemente simbolica dell'ornamentazione bidimensionale finì col produrre -nel tempo- una consonanza molteplice, e nei punti essenziali ostentata con l'Islam. Si produsse così tra le due popolazioni (quella islamica e quella armena) un processo di osmosi culturale, dove anche in questo caso i decori vennero alla fine svuotati del loro significato religioso, e dalle popolazioni musulmane riprodotti nella loro semplice valenza ornamentale.

martedì 24 giugno 2008

Il significato dei simboli (2° parte)

Come abbiamo precedentemente spiegato, il repertorio iconografico dei tappeti orientali è vastissimo. E' la sintesi di secoli di storia e di arte che si sono intrecciati tanto nelle trame dei tappeti quanto nelle trame della storia di questi popoli. I simboli sono così tanti e di origini così svariate da poter formare veri e propri gruppi e sott'ordini.
Una semplice classificazione indicativa dei simboli è la seguente:
  • Simboli del mondo animale
  • Simboli del mondo vegetale
  • Simboli geometrici
  • Numeri
  • Simboli Islamici
  • Simboli buddhisti
  • Simboli Cristiani
  • Simboli stranieri

lunedì 23 giugno 2008

Il significato dei simboli

Quello dedicato al significato dei simboli rappresentati nei tappeti orientali è un capitolo estremamente complesso, dal momento che attraverso i secoli si sono confusi e talvolta persi i significati originari attribuiti a motivi che agli occhi di oggi possono apparire puramente decorativi. Sfortunatamente, l'assenza di continuità nella documentazione con il suo frazionamento in vari spezzoni non sempre collegabili fra loro, impediscono una lettura priva di dubbi del simbolismo sui tappeti. Ma è proprio grazie ai misteri che circondano i suoi simboli, se il tappeto orientale è oggi oggetto di studio nonchè sinonimo di fascino e mistero, tanto per gli studiosi, gli appasionati e i collezionisti, quanto per i semplici acquirenti.
Nati da popolazioni presumibilmente nomadi o seminomadi, i primi tappeti orientali e quindi i loro decori ebbero come significato un valore talismanico, o filosofico. Ma con lo sviluppo degli scambi e il diffondersi dei motivi, intesi dall'esterno come pura decorazione, si ha un progressivo svuotamento di ogni preciso significato simbolico impiegato nell'ambito di uno schema logico quale doveva essere l'impianto di un tappeto nella sua complessità. Questo svuotamento concettuale prosegue tutt'oggi, soprattutto nelle grandi manifatture cittadine, di atelier o dedicate al settore "decorativo" mentre una certa coerenza concettuale sopravvive -malgrado l'ignoranza spesso di chi li annoda- nei tappeti nomadi e/o di piccoli centri, grazie a quel conservatorismo che da sempre contraddistingue e ha contraddistinto le popolazioni montane, pedemontane, di villaggio oltre che naturalmente quelle tribù nomadi ancora oggi seminomadi in Iran come nello Xinjiang. Alla luce di quanto spiegato, dovrebbe risultare chiaro che ben poco di coscientemente simbolico vi è in molti tappeti contemporanei, anche se pur di altissimo livello, a meno che non si voglia pedantemente, sofisticamente e forzatamente scomporre nella lettura, ogni singolo elemento del tappeto, per giungere alla conclusione paradossale che nulla è fatto per caso e che tutto è simbolico.
Il mondo musulmano, quello zoroastriano, quello cristiano armeno e quello religioso cinese, sono le fonti a cui la tradizione artigiana ha attinto i simboli più diffusi, ma anche la scienza (matematica araba e astronomia) ha influenzato abbondantemente la decorazione. Ciò a consentito nella storia, lo svilupparsi di una tale moltitudine di simboli da poterli oggi inquadrare in una vastissima serie di famiglie e sottofamiglie: simboli religiosi, numeri, simboli vegetali, simboli animali, ecc.

domenica 22 giugno 2008

Introduzione generale alla simbologia dei tappeti



Come avevo promesso qualche tenpo fa, a partire da domani aprirò una parentesi generale sul significato dei simboli, senza dubbio uno degli aspetti più artistici, accattivanti e controversi del mondo dei tappeti. Argomenti che richiedono un certo approfondimento introduttivo come la simbologia appunto, li ho sempre cercati di trattare articolandoli in diverse tranche non troppo lunghe e non troppo complesse, sia per facilitare una migliore comprensione da parte del comune lettore, sia per non rischiare di scoraggiare lo stesso, che di fronte ad un paginone tenderebbe a non leggerlo. Per qualche giorno pertanto dedicherò articoli a questo particolare ed interessante argomento, sperando di catturare l'interesse e dei miei lettori e di far pertanto loro cosa gradita.

Etimologia del termine tappeto

L'etimologia del termine tappeto si fa risalire al greco "tapesetos", da cui il latino "tappetum" (ma anche tapes e tapete) e le forme derivate come il termine bolognese "tapedo" e veneziano tapeo e istriano tapio, l'anglosassone "taeppet" (dal quale l'odierno tedesco teppich).
Dal bizantino "tapetion" abbiamo invece la forma portoghese e spagnola "tapete" e la francese "tapiz" (moderno tapis) e provenzale "tapiz" (da cui il catalano "tapit"). L'arabo "tinfisa" deriva sempre dal bizantino "tapetion" probabilmente attraverso l'aramaico.
Il termine arabo "arbiya", si riferisce a tappeti con una decorazione a strisce, come quella del mantello della zebra, ed è entrato nella nostra lingua con il vocabolo derivato di "zerbino".

sabato 21 giugno 2008

I mosaici romani e i tappeti



Come non chiedersi: chi ha influenzato chi o che cosa? Nei mosaici, qui si sono voluti creare tessili durevoli, permanenti o, al contrario, i tappeti non sono che un sostituto tessile e trasportabile di mosaici durevoli? E’ una domanda che credo non avrà mai una risposta completa, mancando proprio i tessili di quell’epoca anche solo per una pura questione della fisica e della termodinamica (i tappeti al contrario dei mosaici non sono durevoli). Possiamo pertanto solo ipotizzare, teorizzare. Credo che gli storici dell’arte abbiano dedicato sempre troppa attenzione alle rappresentazioni figurali ellenistiche nei mosaici contenute piuttosto che alle “decorazioni geometriche” che le circondano e che, ciononostante, costituiscono maglie importanti della catena di forme tradizionali.. In epoca romana, esse sembrano avere imposto in prevalenza tendenze antiellenistiche. Non va dimenticato che da Antiochia il patrimonio formale musivo si è diffuso a tutto l’impero romano, anche nel successivo periodo protocristiano, ma questa è un’altra storia…

giovedì 19 giugno 2008

Il gallo

Un simbolo molto frequente nei tappeti e specialmente nei sumak è Il gallo, antico simbolo solare e di resurrezione carico di implicazioni positive. Rappresentato sin dal VI secolo a.C. su monete greche e ceramiche, ha costituito da sempre anche motivo di decorazione nell'arte protostorica di civiltà antiche come quella babilonese, indiana e cinese.
Nel culto fondato da Zoroastro il gallo rappresentava il risveglio delle passioni e della vita.
Per le sue qualità e caratteristiche rappresentò nell'immaginario collettivo cristiano e non solo il carattere dell'uccello della luce, non a caso le lampade ad olio dei fonditori greci e romani rappresentavano l'iconografia del gallo, idem dicasi per le lampade in teracotta e bronzo degli antichi egizi. Sin dall'antichità al canto del gallo è stato riconosciuto il potere di allontanare le tenebre e con esse i cattivi spiriti. Inoltre all'animale vengono riconosciute e identificate precise qualità, quella dell' azione, del risveglio, del richiamo al lavoro, l'antitesi dell'ignavia.
Da buon cacciatore di insetti dannosi ai raccolti è stato anche identificato come animale talismanico per il buon raccolto. Il simbolo del gallo è molto frequente nei tappeti del Fars nonchè nei sumak caucasici.

mercoledì 18 giugno 2008

Il tappeto museale della settimana



Il tappeto di Marby è uno dei tappeti storicamente più interessanti e celebri che si siano conservati sino ai giorni nostri. Questo antico tappeto fu trovato nella chiesa appunto di "Marby" in Svezia e con il nome di tale luogo è comunemente conosciuto.
La analisi hanno dimostrato che le lane impiegate per l'orditura provengono dal Tibet, le bordure a S fanno pensare a un'origine armena o addirittura protoarmena. Si tratta di un frammento di tappeto molto interessante perchè oggetti analoghi a questo si trovano riprodotti nella coeva pittura italiana. Il campo è decorato da due ottagoni inseriti in quadrati, formati da un bordo ad uncino, e presentano una medesima raffigurazione di uccelli raffrontati con al centro un albero. I motivi sono estremamente stilizzati e l'albero è rappresentato con un disegno simmetrico e speculare. I quattro angoli tra l'ottagono e il quadrato recano disegni geometrici. La cornice è ben proporzionata e consta di due bordi con identici motivi e una fascia centrale. Il disegno si basa sempre sulla greca, alternata nella direzione e lineare nei due bordi, sfalsata e separata da linee oblique e verticali nella fascia.

Dati del tappeto:

Esposto presso: Historiska museum - Stoccolma (Svezia)
Qualità: Tappeto presumibilmente turco o armeno
Provenienza: Anatolia o Armenia
Datazione: XV° secolo d.C
Ordito: Lana
Trama: Lana
Vello: Lana
Nodo: Simmetrico o anche detto ghiordes
Densità nodi: 800 nodi/dmq
Impianto: Tappeto a decorazione geometrica
Dimensioni: 109 x 145 cm
Colori principali: Rosso, verde, avorio, giallo, marrone

Storia del tappeto:

Circa il tragitto di provenienza e l'epoca della sua acquisizione in Svezia sono state fatte numerose ipotesi, tutavia non si è ancora giunti ad una risposta chiara e definitiva.Di certo si sa che il tappeto sia stato trovato in una chiesa a Marby (Svezia) e anche se non è stato possibile dimostrarne l'esatta utilizzazione liturgica, le condizioni relativamente buone fanno apparire improbabile un suo uso come tappeto da pavimento, mentre un impiego sporadico, ad esempio in occasione della Pentecoste come antepedium o come copertura del pulpito del predicatore, sarebbe del tutto possibile e troverebbe numerosi paralleli.

martedì 17 giugno 2008

Un tappeto Persiano per il Mouse

http://mouserug.stores.yahoo.net/ è un sito di commercio elettronico che ha cambiato la filosofia del mousepad, trasformandolo in un oggetto di moda e di manutenzione... (Fonte: Punto Informatico - NY Times) New York (USA).
Questa piccola società americana ha lanciato qualche anno fa il "Mouserug", un tappetino per mouse che riproduce in dimensioni ridottissime le trame della tradizione dei tappeti persiani e orientali. Non solo, oltre a rappresentare un oggetto "artistico", Mouserug è realizzato pensando ai problemi di pulizia che tradizionalmente affliggono il mouse: le sue fibre consentono di "spazzolare" la pallina del mouse ogni volta che lo si usa.
Oltre al tappetino per il mouse, mouserug.stores tratta numerosi svariati oggetti di consumo la cui centralità tematica è sempre il tappeto orientale.

lunedì 16 giugno 2008

Lettere a Tappetorientale - colori chimici o vegetali?

Un mio lettore scrive:

Caro Alberto,
non vorrei anticipare temi che magari saranno trattati in prosieguo e che probabilmente avevi già in mente di trattare. Ho seguito le tue indicazioni acquistando la compact DeAgostini sui tappeti che ho trovato utile, anche se talvolta forse un pò "frettolosa". Sicuramente andava bene per un approccio solido al mondo dei tappeti ma non ha fatto altro che scatenarmi una infinità di altri interrogativi e curiosità. Tra questi c'è sicuramente la questione "colori vegetali/colori anilici" che nei testi viene di solito trattata in maniera a mio avviso scolastica e poco pratica. In sostanza tutti dicono "se i colori sbiadiscono allora probabilmente sono chimici" per poi collocare intorno al 1870 la diffusione del colore chimico e chiarire che se il colore è chimico il tappeto è annodato dopo il 1870.L'unico metodo empirico che ho letto da qualche parte è quello della bruciatura di un filamento e delle modalità della combustione (rapida e puzzolente per i colorati anilici, lenta e non odorosa per i naturali). Mi sono quindi figurato come Mr. Bean in un negozio di tappeti, munito di accendino e pinzette da ciglia, per la gioia del negoziante di turno, alla scoperta della composizione della colorazione del tappeto.In sostanza l'alternativa pare essere il "barbiere piromane" o l'acquirente sperimentatore che compra un tappeto ed aspetta l'evento "scoloritura". Credo invece che il tono del colore sia la vera chiave di volta.Che ne dici di trattare l'argomento sul blog ?

Un caro saluto.

Antonio S.

Caro Antonio
La questione dei colori è sicuramente una questione nodale sia per quanto riguarda un buon acquisto, sia per quanto riguarda un giusto investimento. Ma poichè le tinture aniliniche e al cromo presero il sopravvento su quelle naturali già a partire dal 1860, è altresì sbagliato concentrare l'attenzione di un acquisto su tale elemento. Inizialmente contestati, infatti i colori chimici, dopo anni di tentativi i cui risultati erano facilmente riconoscibili e sempre scadenti, si giunse alla fine ad un perfezionamento che permise di ottenere colori chimici equivalenti per bellezza, durata e brillantezza, ai colori prodotti con materie vegetali, minerali o animali. Un elemento molto importante di valutazione deve essere pertanto (almeno per i tappeti annodati dal 1860 in avanti) non tanto l'origine delle colorazioni, ma bensì la stabilità.
Il colore di un tappeto deve risultare netto e solido, resistente all'esame dell'acqua e a quello tradizionale in Oriente della saliva. Il compratore può effettuare questo facile test strofinando con forza il rovescio ed il diritto del tappeto con una pezzuola bianca bagnata di acqua o di saliva; se la pezzuola si colora fortemente e non solo del grigio tipico della polvere , l'acquisto è sconsigliabile.

domenica 15 giugno 2008

Domotex

Uno degli appuntamenti più importanti per commercianti e grossisti di tappeti orientali è la fiera del Domotex ad Hannover, gli espositori sono centinaia e migliaia, e l'evento rappresenta ogni volta una stimata fonte di informazioni per comprendere i trend di domani. DOMOTEX propone inoltre numerosi eventi collaterali tra i quali l’assegnazione del Carpet Design Award ai migliori tappeti di produzione manuale. Il premio è sponsorizzato da Deutche Messe AG e da Centaur Publication, editore delle prestigiose riviste "Hali" e "Modern Carpet & Textiles"

Quì di seguito un video della fiera. Per una migliore visione del filmato è consigliabile agire sullo stop del lettore mp3 di tappetorientale, di modo da non avere una sovrapposizione audio del filmato con quella della colonna sonora del sito.

sabato 14 giugno 2008

Disposizioni classiche dei tappeti Persiani nelle case iraniane

Per curiosità, e non certo perchè venga imitata nelle case occidentali, è interessante conoscere l'originale e classica disposizione e ambientazione dei tappeti persiani nella case iraniane. Si tratta di disposizioni talmente frequenti da aver influenzato il formato di intere produzioni locali. I "Kenarè" sono nati come completamento ad altri tappeti e solo in occidente vengono apprezzati ed usati come pezzi indipendenti.
Le disposizioni tipiche sono tre, anche se la più usata è la prima che citerò. Esse corrispondono all'uso orientale di sedersi direttamente sul suolo, e quindi di destinare certi tappeti a vero e proprio sedile e certi altri a ornamento della stanza.
I tappeti di centro stanza, solitamente importanti ed indipendenti dagli altri anche come decorazione e stile, corrispondono al formato dei "Keley" cioè a rettangoli più o meno alungati. I tappeti destinati ai bordi della stanza cioè ad accogliere i cuscini su cui siedono gli ospiti, corrispondono al formato già citato del "kenarè" vale a dire un rettangolo stretto meno di un metro e lungo alcuni metri.

  • La prima disposizione prevede un Keley centrale con due Kenarè di lunghezza uguale ai lati, ed un terzo Kenarè disposto come testata la cui lunghezza comprende il Keley più due Kenarè.

  • La seconda disposizione prevede un Keley centrale con due Kenarè ai lati che lo sorpassano in lunghezza, e che vengono collegati tra loro da un terzo Kenarè, lungo come il Keley posto a completamento della disposizione.

  • La terza ambientazione, infine è la più semplice e prevede un Keley centrale di forma nettamente rettangolare, affiancato da due Kenarè di uguale lunghezza.

venerdì 13 giugno 2008

Talish

La regione del Talish abitata da Curdi e Armeni è situtata nell'estremo sud del Caucaso, affacciata sulle coste del Mar Caspio. Anche molti anni fa, quando la conoscenza di quest'arte era assai ridotta e limitata e i mercanti e i collezionisti ritenevano poco apprezzabili i tappeti delle zone caucasiche in quanto produzione di villaggi o di gruppi seminomadi, i Talish facevano comunque un'eccezione, da sempre sono stati infatti ritenuti sinonimo di alta qualità. Talish ha infatti prodotto nella storia, esemplari dall'accurata manifattura, con una densità decisamente superiore rispetto alle altre zone caucasiche (1000 - 1800 x dm quadrato), con vello in lana quasi serica, con frequenti trame aggiuntive al centro, per rendere i tappeti più robusti.
I Talish sono quasi sempre confezionati nel loro classico formato allungato, caratterizzati sovente da un campo libero o comunque iconograficamente povero e monocromo, incorniciato da molteplici bordure. Oggi negli esemplari più recenti vengono inseriti nel campo vari motivi, dagli animali ai fiori stilizzati, dalle stelle a 8 punte alle svastiche. I colori del campo sono spesso il blu scuro, il verde, il rosso; la cornice principale ha spesso il fondo bianco della lana.

Dati del tappeto:

Qualità: Tappeto Caucasico
Provenienza: Azerbaijan
Ordito: Lana
Trama: Lana - due passaggi
Vello: Lana
Nodo: Simmetrico
Annodatura: Medio-fine
Orlo: Piatto
Impianto: Geometrico
Colori: Rosso, verde, blu, bianco, marrone

giovedì 12 giugno 2008

Il melograno

Si tratta dell'albero più riprodotto sui tappeti orientali, nonchè l'unico simbolo (insieme al "tchi") che ha conosciuto la più ampia diffusione nella Asia tutta. La sua origine risalente almeno al terzo millennio a.C. come dimostrano ritrovamenti archeologici nel Lorestan, va ricercata nei territori dell'antica Mesopotamia, successivamente giunse in Cina, probabilmente attraverso la via della seta. Divenuto il simbolo della prosperità è stato rappresentato nel periodo sasanide, utilizzato nel culto di Zoroastro anche con l'immagine del sole, in Persia divenne uno dei motivi preferiti dai Safavidi dove ha spesso subito delle varianti: spaccato a metà, suddiviso a reticolato, ecc ecc.
Il suo fiore divenne presto una sua ulteriore derivazione iconografica, con il motivo floreale conosciuto come shah abbasi, dal nome di uno dei più importanti sovrani della dinastia Safavide.

mercoledì 11 giugno 2008

Il tappeto museale della settimana



Il tappeto museale sicuramente più interessante in quanto anche il più antico del mondo è il Pazyryk, che si trova in Russia, nel museo dell'Hermitage a San Pietroburgo.
Si tratta di un tappeto di finissima fattura rinvenuto durante una spedizione archeologica russa in una tomba nella Mongolia nordoccidentale e che fu trovato in uno stato di quasi perfetta conservazione grazie al permafrost che lo ricopriva.
Il tappeto presenta un fitta annodatura di 3600 nodi simmetrici per decimetro quadrato, ha disegni complessi, valorizzati da una straordinaria policromia, con prevalenza del rosso, del verde pallido e dell'avorio e di un delicatissimo arancio. La forma è quasi quadrata 200 x 183, al centro del campo propone un susseguirsi di 24 formelle con foglie lanceolate disposte a croce e piccoli boccioli. Tutt'intorno corrono cinque cornici, di cui la principale esterna riproduce una processione di guerrieri a cavallo o al fianco del proprio destriero. Tutte le altre bordure riprendono i motivi del campo con decori ispirati alla stilizzazione di animali tra essi: cervi e grifoni che presso gli Sciiti erano legati al culto dei morti.

Dati del tappeto:

Esposto presso: Museo dell'Hermitage - San Pietroburgo (Russia)
Qualità: Tappeto persiano achemenide o urarteo armeno
Provenienza: Mongolia - Altaj
Datazione: V° secolo a.C
Ordito: Lana
Trama: Lana
Vello: Lana
Nodo: Simmetrico o anche detto ghiordes
Densità nodi: 3600 nodi/dmq
Impianto: Tappeto a motivo naturalistico
Dimensioni: 200 x 183 cm
Colori principali: Rosso, verde pallido, avorio, arancio, porpora

Storia del tappeto:

Considerando sia alcune pagine delle Storie di Erodoto, dove l'autore greco descrive con minuzia di particolari la liturgia funebre degli Sciti, che celebravano la morte di un nobile guerriero con una serie di riti complessi, sia il luogo del ritrovamento del tappeto (un tumulo), il Pazyryk è con molta probabilità una rappresentazione iconografica del rito funebre di un grande signore scita. Secondo Erodoto, dopo aver imbalsamato la salma, la si faceva sfilare per 40 giorni nel suo territorio e quindi la si inumava insieme al carro al cavallo e ai corpi della moglie e della sua concubina. Ma il solene rituale non si concludeva quì poichè un anno dopo venivano sacrificati 50 cavalieri appartenuti al seguito del defunto e le loro salme erano poste all'ingresso della sepoltura per vegliare sul riposo del loro capo. Tutti gli oggetti che furono rinvenuti nella tomba del Pazyryk sembrano confermare il racconto dello storico greco e gli stessi decori della cornice coi suoi solenni soldati a cavallo, quasi descrivono il medesimo momento del sacrificio dei cavalieri.Gli studiosi sono concordi nell'affermare che un capolavoro di simil perizia non possa essere attribuito solo all'estro degli Sciti, ma abbia richiesto l'apporto di tecniche sviluppate di altre culture. Rudenko riteneva che il Pazyryk fosse stato eseguito da tessitori persiani del periodo achemenide, ma la tesi non convince alcuni studiosi, i quali sostengono che il tappeto fu eseguito avvalendosi del contributo dell'evoluta civilità degli Urartei fiorita in Armenia. Presso tale popolo, infatti la tessitura era quanto mai evoluta, come confermano sia gli scritti dello storico greco Strabone, sia il rinvenimento di telai e frammenti di manufatti. Inoltre proprio nel regno di Urartu si usava estrarre il colore porpora della cocciniglia, tinta che compare con abbondanza nel reperto di Pazyryk.

martedì 10 giugno 2008

Museo Poldi Pezzoli - Esposizione temporanea di tutti i tappeti del museo

Un'esposizione museale da non perdere dove in qualità di organizzatore e responsabile del sito "Infotappeti" sto cercando di organizzare un gruppo visita, è quella del museo Poldi Pezzoli dedicata al "Frammento ritrovato". Eccone un articolo esaustivo:

22 maggio– 12 ottobre 2008 Museo Poldi Pezzoli: Il frammento ritrovato

Il frammento ritrovato del prezioso tappeto di caccia, le sue appassionanti vicende e la sua storia più recente sono i temi al centro di questa nuova mostra. Con questa nuova esposizione, aperta dal 22 maggio al 12 ottobre 2008, il Museo Poldi Pezzoli presenta e conclude fra l’altro un percorso collezionistico davvero sorprendente e scrive l’ultimo capitolo della storia di questo importante manufatto. Realizzato in Persia nel 1542-43, il grandioso tappeto, tra i più celebri al mondo, è uno dei rarissimi esemplari datati e firmati della produzione artistica della dinastia safavide. Secondo una tradizione ormai leggendaria, il tappeto fu ritrovato al Quirinale nel 1870 diviso in sette pezzi e privo di alcuni frammenti ed è stato successivamente restaurato per volere della regina Margherita di Savoia. Il sapiente e meticoloso intervento di recupero, eseguito con la tecnica del punto arazzo, ha unito le parti esistenti e ha ricreato i diversi frammenti mancanti. Fra le ricomposizioni, facilmente identificabili in quanto rasate rispetto alle parti originali, era fino ad oggi evidente anche una grande zona collocata in uno degli angoli del manufatto. Le intricate vicende del tappeto di caccia si sono susseguite ancora per molti anni fino a quando nel 1923 è giunto al Museo Poldi Pezzoli. Dei pezzi mancanti del tappeto, probabilmente finiti nel mercato antiquario, non si ha più notizia fino a tempi recenti. E’ solo negli anni Ottanta infatti, per quei rari casi che si verificano nella storia dell’arte, che uno dei frammenti mancanti è stato individuato da John Eskenazi, grande conoscitore dell’arte orientale, gallerista ed editore: faceva parte di una collezione privata ed era stato acquistato sul mercato antiquario come “anonimo frammento di tappeto”. Recentemente, grazie alla generosità del suo ultimo proprietario Alessandro Bruschettini, il frammento è stato donato al Poldi Pezzoli: un fatto di portata eccezionale poiché esso costituisce la porzione più cospicua (135 x 48 cm) delle parti mancanti. Il frammento, prima di essere consegnato al Museo, è stato sottoposto ad un intervento di consolidamento. Subito dopo la direzione artistica, unitamente alla Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico di Milano e a un gruppo di esperti di arte orientale e di restauratori, ha studiato le modalità con cui collocarlo nella sua posizione originaria senza cancellare le tracce della sua storia travagliata. Si è scelto quindi di cucirlo sulla parte ricostruita nel restauro ottocentesco, lasciando quest’ultima visibile nei punti in cui i bordi del frammento non coincidono perfettamente con quelli del resto del tappeto. Questa soluzione permette di restituire al tappeto una lettura più coerente. Dal punto di vista cromatico infatti il frammento, a differenza delle parti rifatte, ha mantenuto la colorazione originale e dal punto di vista della decorazione il pezzo donato restituisce la forma originale dell’angolo della bordura, così come era stata progettata dal disegnatore (Ghyas el Din Jami, citato nel cartiglio). Spesso i tappeti orientali, proprio perché “fatti a mano”, non presentano una decorazione simmetrica sulla bordura e, in mancanza di entrambi gli angoli di un lato, il restauratore ottocentesco aveva copiato quelli del lato opposto. Il restauro conservativo del frammento e la sua ricomposizione al tappeto originale sono stati realizzati da Luisa Belleri e Annamaria Morassutti (Open Care - Servizi per l’arte) e generosamente sostenuti da Alessandro Bruschettini. Per questa occasione, anche l’intera collezione di tappeti del Museo, una tra le più prestigiose a livello internazionale, è esposta per la prima volta al pubblico dopo circa dieci anni di assenza. Gli undici preziosi manufatti infatti, custoditi nei depositi del Museo e normalmente esposti a rotazione, a causa del loro fragile stato di conservazione, vengono presentati nella loro completezza. Accanto al tappeto di caccia, si possono così ammirare rari esemplari di tappeti di corte come il tappeto detto delle tigri. Realizzato nella Persia centrale del XVI secolo, il tappeto è ricco di significati simbolici e reca lungo il bordo un’ iscrizione poetica che lo paragona a un giardino. I versi raccontano che dal giardino del tappeto parte un sentiero che porta alla fonte della vita e che “hanno filato la sua trama con il filo dell’anima”. Grazie al sostegno della Galleria Moshe Tabibnia, la mostra è accompagnata da un’interessante guida illustrata bilingue (italiano e inglese) recentemente aggiornata, edita da Umberto Allemandi.
tratto da: http://www.agoramagazine.it/

lunedì 9 giugno 2008

Lettere al Tappetorientale - tappeti antichi?

La rubrica, destinata ad ospitare la corrispondenza dei lettori di Tappetorientale e le loro domande.

Un lettore mi ha scritto:

Salve facendo ricerche sui tappeti mi sono imbattuto sul suo sito che, a mio modestissimo parere, e' attuale e soprattutto molto chiaro e preciso. Colgo l'occasione per farle una domanda che ormai e' tipica e, credo , le abbiano rivolto in piu' occasioni:classificazione fra tappeti antichi e vecchi.
Non credo che si possa giudicare un tappeto antico solo ed esclusivamente per la data: Persiani antichi fino ai primi 900- caucasici fino alla prima guerra mondiale anche perche' sfido chiunque a riconoscere un tappeto tessuto nel 1890 oppure 1915 o anche nel 1920 ( a meno che non sia cambiata la manifattura).! Oppure sento dire spesso e' antico perche' e' consumato o e' datato! Sono capaci di modificare date o firme( ho visto dei Bijar passati per Motachem in quanto portava la firma del Grande Maestro solo che era stata aggiunta a posteriori) Ho avuto occasioni di vedere tappeti ( destinati al corredo) del 1902 ( data certa delle nozze) i quali conservati SENZA MAI VERAMENTE AVERLI CALPESTATI) CHE SEMBRAVANO USCITI dalla manifattura il giorno prima.
Ora si dice che la Camera di Commercio italiana giudica antichi i tappeti con almeno 60 anni!
Scusa per la lungaggine, ma credo , anche per non incorrere in grossolani errori, quale e' la sua idea. Grazie e a presto

Fernando da Roma

Gentile signor Fernando
Per anni la dicitura Tappeto orientale antico rispondeva a manufatto di almeno 100 anni.
Per tappeto orientale antico si intendeva pertanto nello scorso millennio un manufatto annodato perlomeno nell'ultimo quarto dell'800.
Non sono a conoscenza dell'attuale interpretazione legislativa stabilita dalla camera di commercio, non posso pertanto esprimermi in tal merito.
Posso però darLe un mio parere soggettivo:
seppur la vita di un tappeto annodato sia relativamente breve rispetto ad un quadro, un bronzo o un mobile d'antiquariato, 60 anni restano a mio avviso comunque troppo pochi per poter elevare al rango di antico un manufatto confezionato nel 1950. Fu proprio in quegli anni infatti che il tappeto subì un processo violentissimo di standarizzazione del prodotto, con impianti alieni alle tradizioni, con materiali scadenti come sete matte e cotoni mercerizzati, con tinture alle aniline molto instabili e realizzati spesso con nodi fraudolenti.
Se i tempi cambiano, non cambio certamente io, che continuerò a vedere come antico un tappeto perlomeno confezionato nel primo quarto del '900 e non certo un manufatto realizzato durante il boom economico degli anni '60.

Cordiali saluti.

domenica 8 giugno 2008

Tappeti fatti di mattonelle

10 giorni di assoluto relax presso la residenza dei miei suoceri (una casa in stile neoclassico francese edificata nel 1871) a Cienfuegos mi hanno stimolato nella stesura di questo articolo che è dedicato alla simbologia tappetologica nelle pavimentazioni delle case coloniali dei Caraibi.
Prima di trattare ciò, è però necessaria una breve premessa riguardante la cittadina di Cienfuegos:

Cienfuegos: è una bella e tranquilla cittadina dai palazzi coloniali in tinta pastello; inserita recentemente dall'Unesco per l'imponente architettura neoclassica del centro storico. In passato fu abitata da numerosi francesi trasferitisi nel 1819, quando la Lousiana fu ceduta agli USA; infatti, ancora oggi molti abitanti hanno carnagione chiara, capelli biondi ed occhi azzurri. L'antica piazza, molto ben tenuta, ha bellissimi edifici, come il teatro e la Catedral de la Purissima Conception.

Pavimentazioni dedicate alle simbologie dei tappeti

Non vi è dubbio che l'intera impostazione del tappeto orientale classico derivi in modo diretto da altre arti, che proprio nel 500 raggiunsero nel mondo (in Europa con il Rinascimento, in Persia con i Safavidi) l'apice della loro espressività. E' il caso dell'arte della ceramica, dove ai motivi classici si aggiunsero quelli innovativi delle due arti (arte del tappeto e arte della ceramica), determinando così ad ambedue, in un perfetto rapporto di osmosi, una reciproca influenza che già precedentemente nell'evo antico esisteva tra mosaico e tappeto annodato. Questo specifico fenomeno d'influenza tra le ceramiche e il tappeto annodato ha con il tempo prodotto una sintesi delle due arti, creando così fenomeni di tappeti di mattonelle, là dove infatti le popolazioni erano impossibilitate a importare, comprare o produrre tappeti si iniziarono a riprodurre questi curiosi pavimenti, con decori lotto o holbein. Un esempio di questa fenomenologia lo troviamo nelle pavimentazioni spesso ancora originali delle tante case coloniali in puro stile neoclassico tutt'ora sopravvissute a Cienfuegos, piacevole cittadina della riviera caraibica di Cuba dove la povertà e la rigidità del sistema comunista ha come "fermato" il tempo, salvaguardando dall'ammodernamento -ma non dal tempo e dall'incuria- le bellezze storiche di un tempo che fu e che tutt'ora sopravvivono.

Riporto quì di seguito alcuni motivi a piastrella che si possono trovare nelle pavimentazioni di cui sopra: