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venerdì 23 maggio 2008

Chiuso per ferie

Gentili lettori

Il momento è finalmente giunto, martedì sarò in volo con mia moglie alla volta dei Caraibi.
Il blog tornerà alla sua normale programmazione il giorno 08/06/2008.
Grazie e arrivederci.



mercoledì 21 maggio 2008

Tante, tante lettere a Tappetorientale

In coincidenza con un mio periodo denso di impegni personali, che mi costringe in questi giorni a dedicare tempo marginale al blog, rilevo al tempo stesso con grande piacere, un numero sempre maggiore di affezionati lettori che mi scrivono per avere informazioni e delucidazioni sulle tematiche tappetologiche.
In questi giorni mi sto dividendo tra il gestire: l'associazione Infotappeti, questo blog e le mie faccende personali che non sono poche, da viaggio prossimo ai Caraibi alla ricerca di un locale commerciale per reintrapprendere la mia normale attività di commerciante di Tappeti Orientali. Non esiterò -passata la buriana- a rispondere a tutte le lettere, prime fra tutte quelle degli amici: Fernando (il quale mi chiede info sulle datazioni dei tappeti -questione tappeti vecchi e tappeti antichi) e Antonio (che mi chiede ragguagli sulle tinture).

Non posso che ringraziare per la fiducia e i complimenti a me espressi e rinnovati, e prometto che entro breve darò risposta esauriente a tutte le lettere che mi sono pervenute e che mi stanno pervenendo.

Alberto D.

lunedì 19 maggio 2008

Lettere a Tappetorientale - tappeto marocchino

La rubrica, destinata ad ospitare la corrispondenza dei lettori di Tappetorientale e le loro domande.

Un lettore mi ha scritto:

Buonasera, ho visitato il suo sito e le faccio i complimenti per la chiarezza e la semplicità delle informazioni.
Il mio architetto, che mi sta aiutando ad arredare la nuova casa a Roma, mi consiglia di acquistare per un soggiorno un tappeto marocchino in lana (la misura che mi servirebbe è circa 4x2.50).
Vorrei avere maggiori informazioni su questa manifattura che non conosco, per caso può aiutarmi a trovare un negozio adatto?
La ringrazio per l’aiuto che vorrà darmi!

M. S. - Roma

Buonasera innanzitutto grazie per i complimenti.
Venendo invece al suo quesito: I tappeti marocchini sono generalmente a nodo medio-grossolano con un pelo abbastanza lungo, per questo ma anche per una questione culturale e storica non rientrano nelle grandi famiglie dei tappeti orientali. I motivi e le iconografie ricordano spesso quelli di antica origine mamelucca, ma al di là di una semplice deduzione logica non vi è nulla che possa documentare una evoluzione autonoma del tappeto mamelucco a quello attuale maghrebino. Un discreto successo, in anni recenti hanno riscosso i tappeti berberi caratterizzati da un semplice schema decorativo e anch'essi da un pelo folto e lungo che ben si adattano al gusto moderno, come tipologia non sono certamente significativi, se non nell'indicare la relativa povertà produttiva del luogo. Il tappeto marocchino quindi, così come pure quello tunisino o quello libico non sono da intendersi come opera d'arte ne tantomeno come bene d'investimento ma piuttosto come un'opera di artigianato o di arredo, (salvo rari casi antichi). Personalmente i tappeti maghrebini li trovo gradevoli e anche piacevolmente adattabili ad alcuni nostri arredi, Il mio consiglio è: lo compri se Le piace, perchè dopotutto è Lei che ci deve vivere e non certo il suo architetto, ed è sempre Lei che lo compra e lo paga, si mantenga però su un prezzo medio, in quanto come Le ho già spiegato non si tratta di una manifattura storica o artistica di un certo pregio come per i Persiani, i Turchi o i Caucasici ma piuttosto di un prodotto commerciale dal rinomato basso costo. Non faccio pubblicità di negozi attraverso questo sito, ma comunque di negozi che trattano tappeti marocchini se ne possono trovare anche solo facendo una semplice ricerca su internet, dove ho visto delle cose interessanti.

Un saluto.

domenica 18 maggio 2008

Un tappeto da guinnes











Oggi pubblico le immagini di un tappeto iranico da guinness!
Ovviamente annodato a mano!

giovedì 15 maggio 2008

Zellolsoltan o vaso fiorito

Se la scorsa settimana si era parlato dell'Albero della Vita, è d'obbligo pertanto proseguire questa settimana con la sua diretta evoluzione: il Vaso Zampillante, conosciuto anche in occidente sin dal rinascimento. L'avvento dell'Islam infatti riprese ed elaborò ben presto il simbolo ancestrale dell'Albero della Vita, trasformandolo nel decoro chiamato Zellolsoltan o Zeli Sultan, oggi molto ricorrente in tanti tappeti floreali persiani specie a impianto orientato. All'albero originale si sostituì un ricco vaso di fiori -conosciuto in occidente come vaso zampillante- affiancato spesso ai lati da due usignoli. L'immagine conobbe una grande diffusione nel mondo orientale, al punto da ritornare anche come metafora in molti componimenti poetici persiani per celebrare il delicato amore tra un uomo e una donna, paragonati appunto ai fiori e all'usignolo. In occidente il vaso zampillante venne ripreso dal nostro Rinascimento, che a sua volta unì il rigoglio vegetale al motivo delle candelabre romane, lo si può ammirare praticamente in tutte le chiese e in tutti i palazzi nobiliari, lungo le colonne quadrate, a dimostrazione di un rapporto di osmosi tra le due grandi civiltà -oriente e occidente - mai interrotto.

mercoledì 14 maggio 2008

Il tappeto museale della settimana


Un raro tappeto mamelucco -un tesoro che consiglio a tutti di andare a vedere- è esposto presso il Museo Civico di S. Gimignano a Siena.
Si tratta di un tappeto a forma di croce, fabbricato per essere usato come "copritavolo". I suoi lembi laterali sono strutturati in modo da simulare due tappeti che si incrociano sotto ad un terzo centrale. La parte centrale, quella usata per ricoprire il piano del tavolo ha un medaglione circolare centrale; agli angoli vi sono abbozzate piccole porzioni di medaglioni. Il campo del tappeto è ricoperto da un fitto disegno floreale con tralci e fiori più grandi. Le quattro balze laterali hanno il disegno di una cornice con ampie bordature, mentre il campo dei tappeti che si incrociano è caratterizzato da un ordinato motivo floreale. A metà del lato corto di ciascuna delle quattro balze vi è uno stemma nobiliare non identificato con certezza. L'ampia fascia al centro della cornice ha un motivo floreale di ampio respiro, mentre i bordi hanno un disegno ondulato con minuti elementi sempre floreali.

Dati del tappeto:

Esposto presso: Museo Civico S. Gimignano - Siena
Qualità: Tappeto Mamelucco
Provenienza: Cairo - Egitto
Datazione: XVI - XVII secolo
Ordito: Lana
Trama: Lana
Vello: Lana
Nodo: Asimmetrico o Senneh
Densità nodi: 1600 nodi/dmq
Impianto: Tappeto a motivo floreale
Dimensioni: 230 x260 cm
Colori principali: Rosso, blu, verde, giallo, nero, marrone.

Storia del tappeto:

Il tappeto sarebbe appartenuto a Cesare Borgia che lo avrebbe ricevuto in dono da Paolo Orsini , al quale lo avrebbe regalato lo zio Cardinale. Nel 1502 il Valentino si recò a Senigallia per celebrare la sottomissione di capitani ribelli tra i quali appunto l'Orsini. Il borgia accettò i doni e fece uccidere i portatori, comportamento che disgustò Nicolò Macchiavelli, che era al seguito del Valentino e prese congedo. Borgia offrì del denaro a Macchiavelli, che lo rifiutò, e il tappeto, che venne accettato. Quando Macchiavelli fu mandato da Firenze a San Gimignano (Siena), portò con sè il tappeto e ve lo lasciò come dono per un'amica o come saldo di un debito. Il tappeto è ora di proprietà comunale.

martedì 13 maggio 2008

Il tappeto Cinese mette in crisi il tappeto Persiano

Più volte, mi sono ritrovato ad accennare alla concorrenza cinese imitativa e alla conseguente crisi del mercato persiano. Personalmente penso che il risultato di questo trend negativo raggiunto e ormai consolidato da anni sia da imputare soprattutto al pensiero persiano stesso. Ossia a quel messaggio autoreferenziale che negli ultimi decenni si è voluto perseguire e spendere e che di fatto ha finito con il portare il tappeto iranico ed il tappeto in generale sotto parametri di valutazione completamente diversi e fuorvianti.
Quando si ricerca esclusivamente la perfezione del disegno, quando si persegue l'esasperata fittezza dei nodi, quando si punta tutto sulla qualità dei materiali, ignorando spontaneità, concettualità e radici del tappeto stesso, ecco che si finisce con il produrre un ottimo prodotto commerciale, che però è altrettanto imitabile presso altre realtà. Il punto di forza delle manifatture era e doveva rimanere la loro caratteristica propria, la loro genuinità, il loro messaggio di civiltà nonchè quello concettuale e storico, la loro tradizione, la provenienza! Perseguire per decenni una fredda perfezione, ha deconcettualizzato il tappeto persiano, portandolo a livelli di povertà tale che un Tabriz cinese viene profanamente visto a pari merito di un Tabriz originale persiano.
Pubblico quì di seguito un articolo di qualche tempo fa proprio a proposito della drammatica concorrenza cinese.
Le esportazioni - ha affermato il capo dell’Unione dei commercianti di Teheran, Ahmad Sadeqi - hanno subito un tracollo dell’80 per cento negli ultimi 14 anni. Fortissima la concorrenza da India e Cina

TEHERAN (Iran) - Dai disegni geometrici a colori vivaci dei nomadi del sud alla seta delle città di Qom e Kashan, dai “quattro stagioni” a quadri regolari alle scene poetiche di giardini iraniani. Le immagini dei tappeti persiani hanno esportato nel mondo non solo il meglio dell’artigianato, ma anche la cultura iraniana.
Ora però anche il loro predominio sul mercato globale è minacciato dalla concorrenza indiana, cinese e di altri Paesi, che producono a costi più bassi. Le esportazioni dall’Iran, ha affermato il capo dell’Unione dei commercianti di Teheran, Ahmad Sadeqi, hanno subito un tracollo dell’80 per cento negli ultimi 14 anni.
«La tendenza al ribasso - ha detto Sadeqi all’agenzia Irna - è cominciata nel 1994 e non si è più fermata. Il risultato è che se 14 anni fa esportavamo tappeti fatti a mano per un valore di 1,6 miliardi di dollari, oggi non superiamo i 450 milioni». Una perdita alla quale va aggiunta quella derivante dalla caduta di valore del biglietto verde.
L’Iran, dunque, che deteneva un sicuro controllo del mercato, è sceso abbondantemente sotto la quota del 50 per cento. I produttori e commercianti iraniani, che nonostante i tesi rapporti politici hanno negli Stati Uniti i loro principali acquirenti, seguiti dalla Germania, lamentano quella che definiscono la «concorrenza sleale» di altri Paesi. E ciò, nonostante i circa duemila punti vendita iraniani in Nord America e in Europa.
«Alcuni Paesi, tra i quali il Pakistan, l’Afghanistan, l’Egitto, la Cina e l’India - afferma Sadeqi - hanno imitato i disegni e i motivi del tappeto persiano tradizionale, e ciò ha portato ad una riduzione delle nostre esportazioni». La produzione dei concorrenti, infatti, richiede costi minori, sia per la manodopera a buon mercato, sia grazie ai prezzi più limitati delle materie prime.Una situazione d’emergenza davanti alla quale il capo dei commercianti di Teheran chiede un’azione straordinaria delle autorità, volta in primo luogo ad «un’estesa campagna pubblicitaria» a livello mondiale a riprova della qualità del prodotto locale.
A cercare di dare una mano in questo senso ci hanno provato anche 15 registi iraniani, realizzando cortometraggi dedicati alla paziente scelta dei materiali, tutti naturali, e alla lavorazione dei tappeti. Il governo ha promesso che si impegnerà per aiutare ad aumentare i punti vendita a 5mila negli Usa e in Europa. Ma ai produttori e commercianti chiede anche un cambio di mentalità per cercare di adattarsi alle richieste della clientela di questo settore, che dà lavoro a due milioni di persone nel Paese.Gli addetti ai lavori hanno promesso di fare del loro meglio, a cominciare dai tentativi di conquistare nuovi mercati. Primo fra tutti quello russo, dove la crescita delle classi più ricche sta facendo incrementare anche la richiesta dei tappeti più costosi, a partire dai 4.000 euro a pezzo.

Alberto Zanconato12/2/2008

Notizia tratta da: La gazzetta del Mezzogiorno

lunedì 12 maggio 2008

Lettere a Tappetorientale - consigli per gli acquisti

La rubrica, destinata ad ospitare la corrispondenza dei lettori di Tappetorientale e le loro domande.

Un lettore mi ha scritto:

Gentile signor Alberto
Di fronte alla sua preparazione, alla sua disponibilità e gentilezza, mi permetto di chiederLe un aiuto.
Prossimamente farò un viaggio con mia moglie in Turchia, più precisamente ad Ankara. Conoscendo bene i gusti di mia moglie, sono sicuro che non tarderemo coll'acquistare qualche tappetino nel bazar della città. Per questo le scrivo: cosa posso fare per non cadere in errori? Come posso comprare un buon tappeto? Premetto che di tappeti non ne capisco assolutamente nulla, se non quello che di volta in volta cerco di imparare nella sua splendida rubrica.
La ringrazio anticipatamente

Mario Riccardo Danieli - Fi


Gentile signor Mario
La ringrazio per i complimenti, e cercherò subito di venire al sodo della questione.
Da che mondo è mondo viaggi e/o turismo voglion dire shopping, del resto era così già ai tempi di San Paolo. Non sono contro lo shopping, ma sono consapevole che spesso il cliente torna dalla Turchia come dalla Persia o dal Caucaso con un tappeto acquistato che per pari qualità poteva acquistare a prezzo inferiore nel negozio di Milano o di Firenze. In Turchia un tappeto può e deve costare meno, non fosse altro per una questione di cambio favorevole e di un minore numero di passaggi che come sappiamo in Italia determina un accrescere consistente di ricarichi sul prezzo finale. Il prezzo di un tappeto varia naturalmente da come è stato eseguito, dal numero dei nodi, dal materiale del tappeto, dalla rarità del disegno, dall'età. Molto difficile da giudicare per chi non è addetto ai lavori. Compri il tappeto che le piace, si amntenga però su oggetti medi e in tal caso se l'acquisto sarà stato un po avventato, non cadrà comunque dall'alto. Eviti di comprare attraverso le guide, spesso l'interesse di queste nel presentarvi presso un venditore piuttosto che un altro è determinato da un loro tornaconto. Verifichi sempre il prezzo confrontandolo con quello degli altri mercanti, attenzione, non pensi di andare in qualunque negozio con il tappeto acquistato ed ottenere una consulenza onesta, in ogni caso le diranno sempre che l'ha pagato troppo. I paragoni si possono fare solo in altro modo: faccia una foto con il cellulare al tappeto e poi sottoponga il modello agli altri commercianti che andrà a visitare, vedrà che le proporranno un prezzo in linea, in tal caso può sostenere di aver avuto un'offerta molto minore e faccia per andarsene, vedrà che il commerciante tenterà ulteriori ribassi. All'uscita dalla Turchia i tappeti antichi non possono essere esportati e all'arrivo in Italia comunque vi è sempre da pagare l'IVA.
Spero di esserle stato utile, eventualmente potrà fotografare i tappeti che più le interessano e sottopormeli per email, io le darò il mio consiglio.

Cordialità.

domenica 11 maggio 2008

La fiaba del Tappeto Volante

Contrariamente a quanti possano pensare, le numerose fiabe del Tappeto Volante provengono quasi tutte dalla Russia o comunque da miti slavi. Ciò dimostra ancora una volta il legame profondo che legava questo genere di arte orientale al mondo europeo.
Su internet è facile imbattersi nei celebri dipinti del pittore Viktor Vasnecov (1848-1926) che proprio su ispirazione delle fiabe russe ha riprodotto una serie di amabili dipinti. Quella in questione è proprio quella del dipinto riguardante la fiaba del Tappeto Volante, esposto al Museo d'Arte di Nižnij Novgorod, in Russia. Il giovane riprodotto sul tappeto volante è lo carevič Ivan, e nella gabbia vi stà l'Uccello di Fuoco, il tappeto invece sembrerebbe di ispirazione armena.

sabato 10 maggio 2008

Infotappeti

Oggi ho il piacere di ufficializzare la rinascita di "Infotappeti", un sito che era nato sotto i migliori auspici ma che ahimè, per varie e sfortunate ragioni ha vissuto un lungo momento di declino.
Abbandonato praticamente dai suoi creatori, il sito ha comunque resistito senza una guida per diversi mesi offrendo in maniera disordinata agli utenti fedeli un punto di ritrovo per dibattere sull'argomento tappeti orientali. Di fronte ad una comunità orfana e alle potenzialità che Infotappeti riusciva -nonostante l'abbandono- ancora a esprimere, ho deciso di impegnarmi in prima persona -sollecitato dagli amici della comunità- per riorganizzare quello spazio e ridare ad esso e ai suoi utenti quella chances che sicuramente meritano e meritavano. Non credo infatti di esagerare nel definire le potenzialità di Infotappeti strordinarie quanto fin'ora sprecate. Non esiste infatti nel panorama web italiano una comunità che parli squisitamente di tappeti orientali, se non appunto Infotappeti, non esiste un altro spazio interattivo dove sia possibile l'interscambio di notizie e feedback riguardanti il mondo del mercato tappetologico, non esiste un altro spazio e certo non sarebbe esistito neanche più quello se il sottoscritto non avesse deciso in fretta di riorganizzarlo sotto un aspetto completamente differente.
Snellito di molte sezioni, ridisegnato completamente dal punto di vista grafico, alleggerito di quei contenuti dal messaggio troppo melenso e autoreferenziale da renderlo inadatto con i tempi moderni, ecco che il cuore di Infotappeti è tornato finalmente a pulsare.
Il livello di marketing può sembrare aggressivo, ma spesso è proprio con una scarica potente che si riattiva un cuore fermo.
Ecco, credo di aver detto tutto, ci saranno altri momenti per parlare ulteriormente di questo grande progetto che mira ormai a far parlare di se.

Un saluto.

giovedì 8 maggio 2008

L'albero della vita

Il simbolo della settimana - premessa
Rimandando a domenica una breve introduzione generale al significato e al valore iconografico nell'arte dell'annodatura e della tessitura, inizio questa nuova fase di approfondimento tappetologico parlando di uno dei simboli più classici e ricorrenti all'interno della famiglia dei tappeti orientali:

L'albero della vita

Uno dei simboli più interessanti per l'occidente nell'ambito della simbologia nei tappeti orientali è certamente l'albero della vita, che compare in quasi tutte le religioni più antiche: da quella babilonese, a quella indiana vedica, alla zoroastriana, fino a quella ebrea (albero del bene e del male nel vecchio Testamento). Questo motivo è talmente diffuso tra le culture europee ed asiatiche, che è difficile trovarne una sola che non l'abbia conosciuto e riprodotto in almeno qualcuna delle sue produzioni artistiche. L'albero della vita è prima di tutto un concetto, che si trova nei paganesimi, negli sciamanesimi, e nei monoteismi, persino nei più stretti (innumerevoli le riproduzioni dell'albero della vita nelle chiese cristiane e nelle miniature; idem per l'arte islamica; quanto all'ebraismo, lo si è identificato anche spesso sia con il "candelabro" a sette braccia, che con l'albero sefirotico della Cabala).
Pare che le prime attestazioni artistiche siano quelle dell'antica Mesopotamia (si pensi ai magnifici bassorilievi assiri), dove l'albero della vita faceva parte del rituale principale eseguito dal sovrano babilonese. Pare che da queste rappresentazioni siano derivati per diffusione tutti gli altri alberi della vita delle culture e arti circostanti: mediterranee, persianoidi, asiatiche, nordiche, basti pensare all'Irminsul sassone, dove sono presenti le caratteristiche dell'albero della palma stilizzato (non un albero autoctono, palesemente, il che ci dice che il motivo è preso in prestito dall'originario ambito mesopotamico).
In sostanza, è un motivo metafisico tradizionale e primordiale, ereditato da tutti, il cui significato deriva principalmente da quelle popolazioni pagane che proveniendo dall'est si sono poi diffuse in tutto il continente euroasiatico e nordafricano dando vita ai tanti differenti popoli che la storia ha visto crescere, prosperare ed avvicendarsi. L'albero in antichità, veniva concepito come un elemento in grado di collegare le tre parti principali che costituiscono l'universo:
il sottosuolo, dominato da forze magiche, dove si insinuano le radici
la superficie della terra, regno degli uomini, dove il fusto cresce e si sviluppa
il cielo, luogo del divino, verso il quale si protendono le chiome.
Dall'esperienza di quelle antichissime popolazioni ariane che scendendo dall'India e dal Tibet si stabilirono lungo tutta la dorsale verde e l'Europa occidentale, è facile comprendere come l'albero in sè abbia inciso figurativamente nella concettualizzazione del significato vitale. Spesso infatti proveniendo da realtà aride e desertiche, dove le rare oasi significavano la possibilità di trovare l'acqua, elemento fondamentale per la sopravvivenza, l'albero non è potuto divenire altro che la sintesi di un concetto -nell'immaginario collettivo- di quello appunto della celebrazione della vita. Il simbolo si è poi successivamente prestato ed assimilato alla predicazione islamica, in quanto si identificava altrettanto bene nell'idealizzazione di un'agognata natura rigogliosa che non a caso concepisce il paradiso islamico come una sorta di lussurreggiante Eden. Questa concezione incise profondamente sull'iconografia dei tappeti persiani detti "a giardino", poichè riproducono fiori variopinti e alberi verdeggianti sui quali spesso si posano piumati uccelli solari beneauguranti.
L'albero della vita raffigurato nei tappeti si riconosce facilmente , malgrado le diverse versioni che assume: piccolo e ondulato, stilizzato come un bastone con segmenti diagonali che si distaccano a distanze uguali, quello che compare nei gul di certi turcomanni e afghani, quello a vaso fiorito del tipico periodo safavide e che tratteremo più avanti. Oltre che nel metodo di raffigurazione e di stilizzazione l'albero può essere rappresentato in varie differenti tipologie: sia esso un albero fiorito, una palma o un cipresso, quest'ultima risulta una delle interpretazioni favorite dalla cultura persiana.

mercoledì 7 maggio 2008

E tutti gli altri...

Ho cercato di stilare una breve introduzione generica alle tipologie più famose e qualitativamente interessanti dei tappeti orientali. Ma al di là del concetto artistico o di investimento, la produzione artigianale di tappeti è insieme a poche altre, una delle manifestazioni più diffuse in tutta l'umanità. La "scoperta" di questo manufatto è presente nel continente americano, come in quello africano, ha raggiunto come già descritto precedentemente le sponde europee e quì ha trovato un modo originalissimo nell'esprimersi. Oggi la produzione contemporanea di tappeti in Europa esiste ancora, così come nel resto del mondo. Esistono quindi tappeti. Romeni, Bosniaci, Bulgari, Italiani, Francesi, Inglesi, Marocchini, Egiziani, Tunisini, Iracheni, Arabi, Navajo (stati Uniti d'america), Peruviani, ecc ecc. Tratterò queste singolari produzioni "minori" con la stessa attenzione che ho dato a quelle più famose, ma inquadrandole nell'ambito del nuovo progetto editoriale che ormai entra a partire da domani decisamente nel vivo.
Il progetto seguirà dunque quest'ordine di trattazione:

Lunedì: Lettere alla redazione (tappetorientale risponde alle mail pervenute)
Martedì: Notizie e curiosità sul mondo dei tappeti
Mercoledì: Il tappeto museale della settimana (storia e descrizione di un famoso tappeto)
Giovedì: Il simbolo della settimana (un viaggio specifico nel mondo iconografico dei tappeti)
Venerdì: La manifattura della settimana (descrizione di una specifica manifattura)
Sabato: L'uso del tappeto (arredamento, lavaggio, riparazione, ecc ecc)
Domenica: Giornata a tematica libera

Se credete che si possa o si debba trattare un argomento specifico che tappetorientale sta inavvertitamente trascurando, segnalatemelo seguitamente a questo articolo, ed io me ne farò carico.

Un saluto a tutti ed un arrivederci a domani con il simbolo della settimana.

Il tappeto Tibetano

La produzione locale dei tappeti tibetani e molto antica, il suo culmine massimo lo raggiunse tra il Seicento e l'Ottocento per soddisfare alcune funzioni litrgiche: si annodarono infatti numerosi manufatti destinati ai templi. Molto utilizzati erano i cosiddetti tappeti a colonna con dimensioni oscillanti tra 0,60 x 0,80 e 1,80 x 3,60 metri, che venivano poi legati con robusti lacci ai fusti delle colonne dei luoghi di culto; diffusi anche i tappeti da meditazione, su cui i monaci si sedevano in preghiera per ascendere alla buddità, e anche le lunghe corsie utilizzate da porsi sulle panche dei templi. Si producevano inoltre manufatti per sellare o bordare gli animali da soma, spesso resi più resistenti da fodere in stoffa o in feltro; in tale ambito risultano particolarmente originali alcuni coprisella dalla curiosa forma a farfalla. I tibetani instauravano con il tappeto una sorta di simbiosi e attribuivano ai segni di questi tessuti valenze di tipo scaramantico, come nel caso del fior di loto e del pipistrello, o propiziatorio, come per i tessuti a scacchiera bicromi , che venivano posti davanti alle porte o alle finestre col duplice scopo di mantenere il tepore e allontanare gli spiriti maligni.
Gli antichi esemplari tibetani furono realizzati con lane locali e rivelano un'annodatura grossolana. Nei disegni sono riconoscibili influenze indiane e cinesi, le immagini riproducono spesso i più famosi simboli buddisti però più suggestivi nei colori rispetto a quelli cinesi. Fiori di Loto, Tigri, Draghi, Fenici, Melograni, Peonie, e ancora il Nodo Senza Fine e il Mandala – provengono da un passato lontanissimo e fanno parte della memoria collettiva del popolo che li ha creati. Da ricordare i tappeti monocromi, che rappresentano il vuoto, inteso a esprimere concettualmente la possibilità infinita di manifestazioni del buddhismo tantrico ed i tappeti con la Tigre che erano destinati ai Lama. La maggior parte della produzione contemporanea tibetana viene prodotta in India, Nepal o Pakistan e si è spostata da prodotti della tradizione a prodotti per il mercato. Lo sradicamento da una parte e l'estinzione dall'altra dei popoli tibetani si è prestato alla trasformazione di questo prodotto, che meglio di altri ha saputo rispondere alla domanda innovativa del mercato che tenta di immettere anche nel mondo del tappeto il concetto di "brand" o "marchio", laddove i tappeti si sono sempre identificati per la loro provenienza geografica o per l'origine dell'annodatore. Ottimi materiali, grande ricerca nei disegni, canali distributivi selezionati, questi sono i punti cardine che promuovono questa nuova generazione di tappeti decorativi che nulla hanno a che spartire con quelli magici ed ancestrali di un tempo.

martedì 6 maggio 2008

Il tappeto Cinese

La storia della Cina ed il regime politico che vi ha imperato nei secoli, mai sostanzialmente cambiato e sempre fortemente unificato ed accentrato, ha impedito le manifestazioni di indipendenza in tutti i campi, non escluso quello della produzione artigianale ed artistica. Le notizie sono molto poche. Si sa che sotto gli imperatori Ming (dalla metà del secolo XIII alla metà del secolo XV) e sotto gli imperatori K'ang-lì e Kieng-long (dalla metà del secolo XV alla metà del secolo XVI) si ebbe una produzione aulica, tesa soprattutto a tenere viva una produzione mongola precedente. Salvo queste rare eccezioni, in Cina il tappeto venne ammesso tra le grandi arti di corte sostanzialmente dalla metà del XVII secolo. La ragioni di una così tarda produzione rispetto alle altre grandi zone orientali fù la scarsa reperibilità della lana, limitata solo alle regioni nord-occidentali, e soprattutto le caratteristiche specifiche dell'annodatura, che non permettendo di tradurre appieno i canoni estetici locali, tesi alla minuta resa del particolare e alla perfezione calligrafica, avevano fatto disprezzare il tappeto come una espressione artistica di "barbari" dell'Asia centrale, ovvero gli uiguri del Turkestan orientale. Non si trattò comunque di un'arte introdotta dall'estero, come avvenne in India, ma di elevare ad un grado più elevato un manufatto già conosciuto e adoperato nei secoli almeno da una parte della popolazione cinese. Infatti la tecnica dell'annodatura era già stata introdotta in Cina in un'epoca molto antica, proprio da genti centro-asiatiche che avevano invaso le province nord-occidentali: solo in tali zone infatti si era sviluppata la tradizione cinese del tappeto. Produzione che a tutt'oggi è maggiormente organizzata in quelle regioni, i centri principali sono: Pekino, Kalgan, Tien-Tsin, Ningxia, Paotou; mentre dalla Manciuria provengono alcuni tappeti di seta.
I tappeti cinesi di produzione moderna sono tipicamente confezionati con trama e ordito in cotone e l'annodatura in lana o seta, il pelo viene lasciato alto oppure intagliato a zone con una procedura conosciuta come "a punta di forbice". Negli ultimi anni la Cina ha avviato una certa produzione imitativa di grandissima resa, con stilemi ed impianti persiani e fittezza di nodi medio-alta, questa manovra commercialmente molto aggressiva ha completamente spodestato il ruolo primario cui godeva la produzione persiana nel continente euroasiatico ed ha letteralmente capovolto una tradizione storica che vedeva nella produzione dei migliori tappeti cinesi degli anni '60 il loro centro di produzione in Persia.

lunedì 5 maggio 2008

Il tappeto Turcomanno orientale

I tappeti conosciuti come "Samarcanda" non nascono a Samarcanda, ma provengono dalle oasi del Turkestan cinese o Xinjiang. La qualità tecnica di questi tappeti è buona e apprezzata. La contestura è in cotone e lana, o (ed è il caso più fortunato) in sola lana; il vello è in lana, in alcuni casi in seta; il nodo è sennèh con densità non alta: dai 300 ai 600 nodi per decimetro quadrato nei Khotan e negli Yarkand. La decorazione essendo stato lo Xinjaing un caleidoscopio di razze che ha visto passare sul suo suolo: gli antichi Medi, i Persiani, i Tartari, i Mongoli, i Greci, i Turchi, i Russi ed i Cinesi, unisce elementi cinesi, caucasici, persiani e turchi, personalizzati dal gusto turcomanno e trasformati in disegni caratteristici. Le cornici collaborano alla tipizzazione della produzione, in quanto sono normalmente presenti in numero di tre. I colori dei tappeti del Turkestan orientale sono prevalentemente chiari, ad eccezione di quelli fatti nella zona del Kashgar, che tendono a toni più scuri. Il formato dominante è il "Keley" oppure "Qali", oppure ancora una sorta di Kenarè o guida Yolluk, in questo caso illustrato nel tipico tappeto preghiera multipla detto Saf.
Altre informazioni sul tappeto Turcomanno orientale le potete trovare in questo mio precedente articolo: http://tappetorientale.blogspot.com/2008/04/larte-del-tappeto-nello-xinjiang.html

venerdì 2 maggio 2008

Il tappeto Pakistano

Nonostante il loro passato aulico, al tempo dei Ming, di Tamerlano e dei Moghul (il Pakistan infatti faceva parte dell'India) i tappeti pakistani (salvo rare eccezioni) non possiedono caratteristiche proprie nè significativo valore economico, in quanto la produzione locale è su larga scala, basata sullle regole della domanda di mercato, e ciò fa si che prevalgano modelli di imitazione. La maggior parte delle produzioni pakistane proviene dal nord del Pakistan, l'ordito e la trama nei manufatti contemporanei sono quasi sempre di cotone ed il vello di lana. La concentrazione di nodi può essere anche molto alta e l'impatto gradevole, ma essendo tappeti sostanzialmente imitativi non possiedono quello spirito di appartenenza e quelle caratteristiche proprie che fanno di ogni tipologia tappetologica un pezzo da collezione o comunque di interesse antologico.
Nonostante queste premesse il tappeto Pakistano è un manufatto di arredamento gradevole, che svolge il suo fascino ed è grazie ad esso che molte volte si rivela il primo acquisto di un profano amatore o aspirante collezionista. Il più classico ed onesto tappeto imitativo è il Karachi Bukhara, si tratta di un manufatto in trama e ordito in cotone e vello in lana, dai tipici disegni "Bukhara", ma dai colori estremamente vari, se ne possono trovare di delicati rosa salmone, come di un rosso carico, quando non addirittura gialli, verdi o blu. Un altro genere attualmente in uso e quindi prodotto su larga scala sono i cosidetti "tappeti decorativi", si tratta in genere di tappeti poveri nelle decorazioni di antica ispirazione iconografica e dai nomi fantasiosi che nulla hanno mai a che spartire con la loro provenienza, avremo così degli Ziegler non persiani, degli Herat che Herat non sono o dei Khotan che vengono prodotti a Multan o a Karachi anzichè nelle oasi del Turkestan orientale. Stesso dicasi per i famosi tappeti da guerra cosidetti afghani, questi tappeti sono invece prodotti da manodopera pakistana ai confini e venduti invece come tappeti afghani a falsa testimonianza della guerra visssuta nel periodo 2001.

Alcune manifatture Pakistane

Multan
Bahavalpur
Lahore
Karachi

giovedì 1 maggio 2008

Il tappeto Turcomanno occidentale

Nella storia dei tappeti d'Oriente il territorio del Turkestan Ocidentale riveste un'importanza eccezionale. furono infatti le genti locali, tantissimi secoli or sono, a iniziare ad annodare i primi manufatti destinati a costituire i principali utensili nella vita semplice e spartana dei nomadi. La produzione dei tappeti, molto diffusa fino al XIX secolo ha costituito il principale aspetto unificante nelle usanze delle numerose tribù locali, che un'antica tradizione indica come i discendenti dalla bellicosa popolazione altaica Oguz. Chiamati in occidente fino a pochi decenni fa con il nome generalizzante di Bukhara (nome di una città di raccolta) questi tappeti con lo stesso colore continuamente ripetuto e mai discosto dal rosso, bruno e nero, la loro decorazione a linee dritte e spigolose, contorte e sofferte, parlano di solitudine, di fatica, di mesi di isolamento al freddo invernale o sotto il sole delle steppe, di senso racchiuso di difesa, di incomunicabilità scelta, forse come fedeltà alla propria tribù. Come si spiegherebbe altrimenti la relativa povertà di influssi esterni, la testardaggine orgogliosa con cui da centinaia di anni i tappeti turcomanni restano fermi ad uno schema fisso, ripetendo sempre gli stessi disegni e le stesse tinte? Nei decori di questi tappeti vengono riprodotti antichi simboli di derivazione araldica fra cui gli onighun. Decori dei tappeti turkmeni occidentali sono comunemente detti gul e vengono distribuiti su ordinate file, spesso alternati a motivi geometrici minori dalla forma variabile. E' spesso dalla differente forma dei gul che si riescono a riconoscere produzioni di talune tribù rispetto ad altre che agli occhi dei principianti o profani possono invece risultare uguali. Le testate di questi manufatti (spesso molto ampie) presentano sovente decori a sumak o kilim con decori geometrici. I nodi impiegati possono essere asimmetrici come simmetrici mentre il materiale utilizzato è quasi sempre lana su lana, con rari casi di utilizzo di seta o cotone mercerizzato. Accanto alla produzione di tappeti si realizza una vasta serie di oggetti/utensili utili ad arredare la tenda o yurta e che destano tra gli etnografi un enorme interesse culturale. Oggi si sta perdendo la tradizione dell'annodatura, poichè il contatto con popolazioni straniere ha quasi completamente eliminato le caratteristiche migliori dell'artigianato locale, a causa dell'utilizzo di scadenti colori all'anilina e di motivi decorativi importati dalla Persia.

Alcune tipolgie di tappeti turcomanni occidentali

Tekè
Ersari
Salor
Chodor
Saryk
Yomut