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domenica 11 aprile 2010

Non faccio expertise gratuite e non indico negozi terzi

Evidentemente queste cose avvengono o devo avvenire per ondate; era da un po' che non mi capitava, fatto sta che negli ultimi tre giorni sono stato contattato via email da diverse persone per richieste che seppur legittime (chiedere è lecito, rispondere è cortesia) reputo - per mancanza di tatto - poco urbane.
Voglio far presente a tutti, che quanto scrivo in questo blog ed in altri siti, è sicuramente il massimo in termini di comunicazione tra questa realtà (mai così tanto sviscerata) e il neofita o l'ipotetico cliente. Come i pittori non insegnavano mai ai loro allievi tutti i trucchi del loro mestiere, così anzi peggio il mondo professionistico del tappeto preferisce spesso e volentieri tenere lontana la conoscenza dall'acquirente, per ovvi motivi che è facile intuire. Così nella maggior parte dei casi quello che si trova su internet è la banalizzazione di concetti e informazioni, che trattano lo straordinario reperto kurgan di Pazyrik come un utile prologo per instradare il cliente o il curioso al prodotto finale, magari un Nain tabas o peggio ancora un Herat pakistano.
In considerazione di ciò, reputo pertanto che sia già molto rivoluzionario quello che faccio, anzi la mia linea di condotta ha fatto fiorire numerose altre iniziative da parte di altri colleghi che giustamente si sono sentiti in dovere di aprire anch'essi un blog o siti meramente culturali. Tutto il resto: expertise, valutazioni, assistenza, ecc, sono cose che fanno parte del mio lavoro e che fanno parte di quel pacchetto servizi che svolgo in seno alla mia professione, in affiancamento alla vendita. Pertanto - lo dico per l'ennesima volta e senza volontà polemica alcuna - non, e ripeto NON, svolgo expertise gratuite,  e non è solo per una questione di interesse professionale, o di tempo (il tempo mio vale come quello di altri professionisti o lavoratori e pertanto dovrebbe essere rispettato), ma per una questione anche di qualità del servizio, che non potrebbe essere certamente soddisfacente se fosse un semplice "Pour Parlè", ossia un parere buttato lì tanto per. Quale valenza professionale avrebbe? Quale impegno rispecchierebbe? Quale coscienza e quale serietà?
Voglio poi significare a chi mi ha chiesto se potevo indicargli un negozio in Azerbaijan per acquistare direttamente in loco, che io, non conosco negozi e non frequento negozi per la vendita al dettaglio e che se li conoscessi - anche solo  per una mera questione di conflitto di interessi - non glielo direi certamente. Il mio lavoro è un pochino più impegnativo del rivolgermi presso un negoziante del posto o un grossita, a questo punto meglio farei a comportarmi come la maggior parte dei commercianti di tappeti, che indipendentemente dalle loro origini, per comprare la merce da vendere, si limitano a fare una cernita presso i capannoni dei grossisti di Milano, di Genova o di altre città italiane. Il mio lavoro è ben differente ed avventuroso, alle volte è stato anche pericoloso. E' mia consuetudine infatti girare le case o gli atelier degli annodatori, alla ricerca dei pezzi intonsi o da risistemare, là dove non posso per questioni pratiche, logistiche o di tempo, lo fanno i miei ricercatori. Così facendo, sono andato in Iraq, in Turchia e in Armenia anche in tempi di guerra, quando gli aerei erano vuoti per paura del terrorismo. Ricordo che un paio di volte a Istanbul e nel Kurditan turco sono esplose delle bombe del PKK poco prima o poco dopo il mio passaggio, ho anche rischiato alle volte delle intossicazioni alimentari per le scarse condizioni di alcune realtà presso le quali mi recavo, e poi ho affrontato viaggi scomodi e costosi, persino tratte in cammello e con i jeepponi, ecc ecc.
E' un mestiere che mi piace fare, non mi lamento, ma trovo francamente assurdo, (visti i rischi di vita e di impresa che corro costantemente), chiedermi di indicare una realtà a me concorrente per scavalcarmi o scavalcare quelli che come me lavorano e faticano per selezionare, importare e vendere in occidente un prodotto selezionato con professionalità ed esperienza. E poi tra le tante cose, è praticamente assodato (dovrebbero ormai saperlo tutti) che il neofita o il turista che compra il tappeto annodato in oriente o in medio oriente, finisce sempre fregato. 

Il motivo Bandi

Il motivo iconografico detto "Bandi" è un disegno abbastanza comune in quasi tutte le regioni settentrionali, occidentali e centrali della Persia (Iran), che veniva particolarmente utilizzato nelle produzioni di Veramin. Esso è la rappresentazione iconografica di un concetto metafisico prima ancora che ornamentale, le cui origini preislamiche sono con probabilità ascrivibili al patrimonio culturale e tradizionale curdo.
Si tratta di un campo ad andamento "Infinito" nel quale vengono riprodotte griglie romboidali, con all'interno di ogni rombo un particolare segno (frequente è la raffigurazione dell'enigmatico boteh).
Espresso in altre forme e in altri generi, l'andamento infinito lo riconosciamo - seguendo la linea temporale tracciata da Eskenazi - già negli “Ushak a medaglione” del XVI sec. e secondo la maggior parte degli studiosi rappresenterebbe una metafora de i “limiti” dell’essere umano ed il “senza limite” di Dio. Per Maurizio Barracano invece, il decoro incompleto rappresenterebbe la "porta" verso l'altra dimensione superiore, la cui bordura (ovvero la cornice) produrrebbe un fenomeno di protezione del fedele che sul tappeto pregava o meditava. A conferma di tale ipotesi (tutt'altro che peregrina) nella "Enciclopedia dei tappeti di tutto il mondo", a cura di D. Black (ed. De Vecchi) si teorizza che la probabile configurazione della volta celeste immaginata dagli artisti persiani prevedesse una elaborata griglia di metallo a fungere da barriera tra il mondo terreno e quello celeste. Al di là della Porta Celeste vi era una ulteriore barriera che doveva impedire il passaggio agli immeritevole del paradiso; questa seconda barriera era denominata, tanto in persiano come in arabo, hijab ed era realizzata a pannelli che, consentendo questa funzione di filtro protettivo, lasciavano comunque intravvedere il paradiso e permettevano alle sottili anime dei fedeli meritevoli di attraversare lo schermo. Devo dire di sentirmi decisamente più vicino alla teoria di Baraccano che a quella pragmatica di Eskenazi e degli altri studiosi, anche se solo per un ragionamento di deduzione.
Il tappeto ha infatti una storia di circa 4000 anni, mentre il tappeto islamico nasce con l'Islam ovvero verosimilmente 610 anni fa con la Rivelazione di Maometto. Da quel momento in avanti il tappeto con la sua storia iconologica, iconografica, culturale, e ancestrale precedente all'Islam, si plasma e si piega ai dettami delle popolazioni ad esso riconvertitesi, e lo fa attraverso un processo di osmosi, conservando una retrocultura che l'Islam interpreta in maniera differente, rinnovandola e facendola più forte. Dopo tutto il tappeto è nato da popolazioni nomadi che predicavano e veneravano divinità ancestrali. questi popoli si spostavano da una terra all'altra, prima per cacciare e raccogliere, successivamente per trovare pascoli più ubertosi per le mandrie, la sedentarietà era impossibile, ed era pertanto impossibile erigere templi o luoghi di venerazione. Il tempio si sviluppa così in maniera bidimensionale, lo si crea su un tappeto, facile da trasportare, facile da realizzare, spesso al centro di esso viene disegnato il cerchio magico o "Mandala" per proteggere colui che vi medita o vi prega. Tutt'attorno una cinta protettiva (la cornice), non vuota, ma riempita di colori e animali o iconologie scaramantiche, propiziatorie, poste sempre a difesa dell'individuo. Entrare nel mondo dell'architettura del tappeto, dove impianti, simboli e geometrie custodiscono e svelano segreti e significati tramandati, di queste popolazioni straordinarie è il modo migliore per conoscere in maniera profonda tutto quello che il tappeto annodato ha da esprimere e da dare, sia in termini storici, che culturali, che artistici. I simboli e i motivi che compongono il progetto architettonico di un tappeto, sono tutti antichi, codificati dalla tradizione e dunque diventati "classici", mantenuti sempre in vita, il Bandi, con molta probabilità è uno di questi.

venerdì 9 aprile 2010

Gli impianti decorativi precedenti ai Saruq americani


Una lettrice di nome Francesca mi chiede:

Gentile Alberto, vorrei sapere se è vero che per la produzione dei Saruk americani a suo tempo è stata fatta una scelta dei disegni, escludendo i cantonali e il medaglione centrale con i loro contorni, e anche una scelta dei colori, rosa dughi, azzurri, e beige, a scapito della grande ricchezza coloristica e disegnativa della produzione tradizionale? Grazie Francesca

Gentile sig,ra Francesca
La produzione dei Saruq cosidetti "americani" nasce intorno al 1920, quando il rappresentante della ditta americana "K.S. Taushanjian" di New York, operante in quell'area della Persia, scelse appunto ad Arak e a Saruq alcuni modelli iconografici che potevano incontrare il gusto americano. Sulla base di quei modelli, prima la K.S. Taushanjian, e poi tutte le altre aziende americane, commissionarono in quell'area grandi quantità di tappeti. I rappresentanti si recavano nelle case dei tessitori, fornivano loro i modelli iconografici da eseguire su cartoni preparati, indicavano i formati e le colorazioni, li approvvigionavano anche delle lane. Ne scaturì una produzione parallela che di fatto - visti i grandi numeri - soppiantò quella originaria, che era sempre floreale ma più spigolosa, e meno ripetitiva nei decori. I tappeti archetipi di Saruq erano sostanzialmente tappeti di imprinting armeno, con medaglione centrale o più medaglioni a losanghe, con decori floerali spigolosi e geometrizzati ed una più ampia tabella cromatica. Gli antichi modelli originari di Saruq riuscirono a sopravvivere solo in alcuni centri di tessitura di Aràk, dove i tessitori confezionavano tappeti ancora per un uso esclusivamente interno; purtroppo anche lì con il tempo vecchi e nuovi schemi si integrarono per un processo di osmosi, dando vita a schematizzazioni ibride ma comunque più spontanee.
Riassumendo, è pertanto vero quello di cui Lei mi chiede conferma, e sembra incredibile come, in poco meno di un secolo, una tradizione tessile secolare archetipa sia stata cancellata dalla memoria storica anche dei professionisti a favore di una produzione americanizzata ed occidentalizzata quale quella a bouquet di fiori dal fondo rosa dughi che tutti conosciamo.

mercoledì 7 aprile 2010

Il tappeto di Barak Obama


Tappeto esposto l'8marzo 2010 durante la mostra mercato di Kabul dedicata alla festa internazionale della donna.

Immagine tratta dal blog del collega Dr. Sobhe Cosroe "Rugmaster.blogspot.com".

sabato 3 aprile 2010

Buona Pasqua


Un sincero augurio di Buona Pasqua a tutti. Nell'augurio che ogni nostra speranza e sogno possan risorgere da questi tempi di carestia e siccità.

AUGURI!

venerdì 2 aprile 2010

Regaliamo un tappeto alle nostre Chiese

Dei momenti più significativi della Settimana Santa il Giovedì ed il Venerdì Santo ricoprono - da sempre - un particolare significato profondo nella tradizione cristiana. In essi rivivono l'Ultima Cena, la Condanna, la Passione durante il processo con la Flagellazione e l’Ascesi al Monte Calvario (il Golgota), fino alla morte di Gesù. Il giovedì mattina le chiese aprono le loro porte alla comunità per allestire i Santi Sepolcri: altari addobbati di fiori bianchi, candele e altri ornamenti tra i quali anche tappeti, che vengono rigorosamente posti ai piedi degli altari o dei grandi crocifissi quando presenti. Dalla sera del Giovedi Santo, alla notte del Venerdi seguente, le chiese e i Santi Sepolcri restano aperti per consentire ai fedeli la visita ad essi.
Osservando un Santo Sepolcro diventa immediatamente chiaro per tutti che il tappeto ha senz'altro ancora un valore simbolico enorme, per i nostri preti e parroci, che lo riconoscono però nel suo significato puramente ed intimamente simbolico originario, piuttosto che nel valore reale o venale del manufatto. Per questo, soprattutto in tempi di crisi come questa, non c'è da stupirsi se ai Santi Sepolcri vengono stesi tappeti semplici, macchinizzati o il più delle volte a brandelli. Le parrocchie purtroppo devono fare i conti con il crollo delle offerte e  naturalmente utilizzare le risorse economiche a loro disposizione, per le opere benefiche e la manutenzione del luoghi di culto, cose ben più importanti dell'acquisto superfluo di suppellettili e o di tappeti di buona qualità. Del resto sono proprio l'esposizione fiera, onesta e sincera, di tappeti semplici, spesso rovinati in taluni casi ridotti quasi a brandelli lungo i piedi di questi sepolcri, che ci trasmettono la semplicità e l'onesta del messaggio cristiano. Ai mercanti, come me, di tappeti orientali, dico: regaliamo alle nostre parrocchie un tappeto orientale di qualità, e soprattutto sano, regaliamolo a Gesù! Sono certo che una tale offerta sarebbe una cosa graditissima per tutti, con benedizione della nostra passione e di questo nostro sempre più difficile mestiere.

giovedì 1 aprile 2010

I tappeti di Cristo


"Preparazione dell'ultima cena" Marco 14 .
12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo 14e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, gia pronta; là preparate per noi». 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua.

Quali e come, saranno stati i tappeti che arredavano la sala dell'ultima cena, purtroppo è e sarà sempre un mistero al quale non troveremo risposta. Purtroppo le cronache di quei tempi, scarse nelle citazioni, lo sono ancor di più nelle descrizioni. Ad ogni modo, è cosa praticamente certa - anche da testimonianze bibliche -che il tappeto nella cultura e nella liturgia ebraica fosse elemento importante, probabilmente anche per influenza da comportamenti abitativi e divinatori anteriori. La seconda domanda che sorge d'obbligo è dunque questa: "qual'era l’arredamento dei cenacoli in Palestina ai tempi evangelici?"

Chissà se antropologi ed archeologi moderni, possono già darci -alla luce delle ultime scoperte- qualche interessante spunto per rispondere a questa domanda.


De Reviziis Alberto
Certified Rug Expert (CRE)
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