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venerdì 2 gennaio 2009

Le imperfezioni nei tappeti

Un luogo comune che viene spesso speso dai commercianti a giustificazione di eventuali imperfezioni riscontrate nei tappeti, è quello che l'imperfezione sia la garanzia di un lavoro realizzato manualmente. Il discorso è condivisibile quando si tratta di produzioni rurali o nomadiche, siano esse antiche o vecchie, ma è da rifiutare categoricamente quando lo si vuole attribuire a tappeti sbilenchi di città (manifatture che invece sono sempre state caratterizzate dal loro virtuosismo, e dalla loro perfezione nell'esecuzione) o a tappeti rurali o di villaggio contemporanei. L'ingenuita dell'annodatore, l'indifferenza nel passare da un bagno di lana ad un'altra, le disponibilità relative e occasionali delle tinte, gli impianti iconografici realizzati a memoria, la creatività e l'estro dell'annodatore o persino la sua l'ignoranza (dove per timore di entrare in competizione con la perfezione di Allah, si riservava di inserire di proposito un errore di continuità iconografica) erano tutti ingredienti di spontaneità che caratterizzavano i tappeti nomadici o di villaggio, di quel valore intrinseco che li rendeva al pari di un'opera d'arte, un'opera infatti è unica, e questi tappeti lo erano in tutta la loro semplicità. Oggi le esigenze di mercato hanno appiattito e perfezionato anche questo mondo, rendendo i tappeti di realtà come il Fars o l'Anatolia orientale dei semplici luoghi di produzione, ove l'annodatore lavora dentro grandi capannoni per conto di grandi imprese private o sostenute dallo stato. Va da se che anche il metodo di produzione di queste realtà un tempo rurali è profondamente cambiato; oggi l'imperfezione non solo è praticamente impossibile ma è diventata sinonimo di "difetto". I Vaghireh sono ormai progetti stampati su carta millimetrata e rappresentano non l'estro e l'individualità intellettuale dell'annodatore o quantomeno il suo tramando culturale e tradizionale ma le esigenze o le indagini di mercato. Lane ritorte meccanicamente, strumenti di precisione, un'infinità di tinte chimiche a disposzione, ed un approccio di produzione simile alla catena di montaggio permettono oggi la realizzazione di esemplari estremamente perfetti. Al di là quindi dell'opportunità di questa trasformazione del tappeto (che io non condivido ma che non voglio argomentare in questo articolo), diventa praticamente impossibile spacciare un tappeto storto o imperfetto annodato oggi per un tappeto di qualità; perchè oggi gli strumenti e la mentalità sono talmente cambiati che ogni minimo scostamento dagli standard di produzione rende il tappeto inperfetto un esemplare difettoso o quantomeno di seconda o terza scelta, con buona pace delle erudite spiegazioni esercitate dagli abili commercianti. Perchè quello che è un metro di misura valido per i tappeti annodati vecchi o antichi, non può certo invece andar bene per i tappeti che sono stati annodati oggi, ormai realizzati (salvo rari casi) nell'unico intento e scopo di arredare una casa (quella moderna) sempre più spoglia e desolante.

2 commenti:

freddy ha detto...

Ciao Alberto: di nuovo auguri! L'articolo pubblicato e' molto interessante e si allinea alla perfezione, incrementandolo con la solita precisione, a quello che avevo posto sull'altro blog. L'imperfezione e, al giorno d'oggi, una cosa molto pericolosa. Infatti i disonesti , come hai gia detto, approfittano della poca conoscenza di clienti che anche per curiosita' vogliono avvicinarsi al nostro mondo. Sono disonesti due volte: primo comprano tappeti scadenti a prezzi irrisori. Secondo li spacciano per vecchi o antichi e cosi' ci guadagnano due volte!! La morale della favola e' che il malcapitato quando si rende conto della truffa, perche' cosi la chiamo, nutrira' in seguito una diffidenza congenita anche, purtroppo, nei riguardi dei commercianti onesti.
Un caro saluto a tutti ciao Freddy

antonio ha detto...

Sono in accordo su quanto detto. Faccio l'esempio di una manifattura di grande tradizione come quella di Bijar. Sino a circa 1l 1930 si utilizzavano telai quasi sempre improvvisati, spesso in legno storto, che non assicuravano certo una tensione costante alla struttura e materiali molto elastici, come la lana, per trame ed ordito. Tutto questo portava ad una non perfetta simmetricità dell'annodato, riscontrabile in quasi tutti i prodotti di questa tipologia. Quella era la loro tradizione, il loro modo di annodare. Oggi, che si usano telai a subbi rotanti in ferro e il cotone per la struttura, un Bijar storto è "un Bijar storto", punto e basta. Cordialità.