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venerdì 30 gennaio 2009

I kahn figure frequenti nella storia dei tappeti

La storia del tappeto ha accompagnato il cammino dell'uomo sin dal neolitico, e studiare o anche solo approfondire il tappeto significa pertanto, anche studiare le genti, le popolazioni e la loro storia. Il termine "Khan" è una parola molto frequente nella storia dell'uomo e del tappeto e per chi la riconduce strettamente ed unicamente al mongolo Gengis khan, ritrovarla tutt'ora in uso in Persia o riscontrarla nella cronistoria di altri popoli e di altre regioni come Turchia e Bulgaria può effettivamente creare un qualche disorientamento.

Troviamo ad esempio nell'Enziklopadie des Orientteppichs che nell' 1813 il "khan bulgaro Krum" nelle sue scorribande in oriente aveva fatto bottino di tappeti in lana armeni.
L'inglese A. C. Edwards, nel volume "The Legacy of persia", scrive invece che: Rukh, figlio di Timur "Khan" protesse l'artigianato del tappeto persiano promuovendone la produzione ed innalzandolo ad arte tra le più nobili. Sappiamo che la tenda di Gengis Khan era tappezzata di tappeti al suolo, alle pareti, sulle cassapanche e sugli scranni, e le cronache narrano ch'egli riceveva da avversari sottomessi o da alleati doni, tra i quali i tappeti non mancavano mai.
Khan sono anche i capi tribù di popolazioni confederate come quelle di Qashqa’i e l'ultimo grande di questi è stato Nassr Khan Qashqa’i. Si potrebbero elencare citazioni di Khan e tappeti all'infinito, ma non è la mera citazione lo scopo di questo articolo, quanto piuttosto spiegare il perchè questo termine abbia aderito nel tempo e nello spazio a tantissime realtà che oggi potrebbero apparirci differenti le une dalle altre ma che hanno sostanzialmente un'unica matrice: quella dell'Asia Centrale e dei mongoli, che discesi dagli altipiani asiatici hanno poi occupato regioni vastissime creando un eterogeneo impero che nella condivisione delle culture le une influenzate dalle altre ha trovato la sua forza e la sua persistenza storica nella memoria collettiva dei popoli che lo hanno vissuto.

Definizione del termine Khan:

Khan: titolo nobiliare di origine centrasiatico/altaica. Si trova anche scritto come Q'uan, Xan, Han, Ke Han. Originariamente significante: comandante, o capo tribù; titolo attualmente riscontrabile in Asia Centro-Meridionale. Usato dai capitribù turco-mongoli delle steppe, si sviluppò attraverso le conquiste di Gengis Khan e la creazione dell'Impero Mongolo. Il vero titolo di Gengis era in realtà: Khagan, "Khan dei Khan", o Gran Khan. Il titolo fu ereditato dai suoi successori fino a Kublai Khan. L'impero diviso in regni aveva per ogni regno un sovrano titolato "Khan". Anche in Italia, il grande signore e condottiero Cangrande della Scala derivava da un khan turco giunto nella penisola insieme ai longobardi.

mercoledì 28 gennaio 2009

Origini dell'iconografia archetipa: dalla preistoria alle civiltà mesopotamiche

La nascita del telaio e presumibilmente anche quella dei primi tessuti piani, avvenne nel periodo neolitico (l'ultimo dei tre periodi che costituiscono la preistoria), quando seguitamente all'ultima grande glaciazione pleistocenica, tra la fine del VII e gli inizi del III millennio, piccoli gruppi di uomini iniziarono la lavorazione della pietra, l'arte della ceramica, la pratica dell'allevamento e dell'agricoltura. Le genti in possesso di questa straordinaria "cultura", avanzarono verso Occidente e verso Sud alla ricerca di pascoli più ubertosi per le loro mandrie, e alla conquista di terreni sconosciuti. Erano popoli nomadi che adoravano la Grande Madre, una divinità presumibilmente sorta durante una fase matriarcale, che le società di cacciatori-raccoglitori avevano condiviso lungo il periodo paleolitico. I primi tappeti furono invenzione propria di loro, che, spinti dal freddo, dall'umido e dal bisogno di ripararsi dal contatto della terra nuda iniziarono a intrecciare stuoie vegetali, erba, pelli e intestini di animali, fino alla scoperta del telaio e alla filatura della lana, scoperta che determinò una svolta ed una conquista dell’umanità, al pari della ruota e del fuoco. Le civiltà neolitiche costruivano telai molto semplici, poco più di una intelaiatura rettangolare in bastoni o pali di legno messa in posizione verticale. La tensione dei fili di ordito era ottenuta tramite pesi, in argilla o pietra, che si trovano numerosissimi negli scavi archeologici. Le più antiche raffigurazioni di tappeti piatti sono quelle di presumibili kilim a Catal Huyuk e presso i reperti di Hacilar (in Anatolia meridionale) risalenti tra il 6000 e il 5300 a.C. e recanti motivi geometrici tutt’ora in uso nei kilim anatolici. Si ritiene probabile che tappeti piatti geometrici, come quelli raffigurati negli antichi affreschi sopracitati rientrassero nei riti propiziatori religiosi o magici. Le losanghe a poligoni uncinati e scalettate, prevalentemente presenti in Anatolia, Caucaso, ed in alcune popolazioni nomadi persiane, sarebbero infatti, secondo una concezione legata al simbolismo arcaico, proprio una derivazione del culto, della Dea Madre, di cui anche e soprattutto le popolazioni anatoliche ne erano adoratrici, Anatolia infatti significa “terra della madre”. I primi tappeti piatti furono pertanto presumibilmente tappeti geometrici, con iconografie volte alla celebrazione o alla testimonianza di riti primordiali e anche sciamanici, e che solo successivamente conobbero le prime contaminazioni culturali nei disegni, con influenze ora vediche, achemenidi -zoroastriane, elleniche e poi buddiste. A partire dal 4000 a.C alcune di queste popolazioni si stanziarono tra i fiumi Tigri ed Eufrate, sviluppando le prime forme di civiltà conosciute come "mesopotamiche", mentre altre nella valle del fiume Nilo e lungo le sponde dell'Indo diedero vita a quella Egizia e a quella Indiana. Nelle grandi città stato mesopotamiche la centralità del tempio è evidente fin dagli esordi della civiltà sumerica. Si costruivano grandi Ziqqurat a gradoni in mattoni crudi in cima ai quali sorgevano il tempio del Dio protettore e dentro il quale i sacerdoti di giorno celebravanno complessi riti religiosi e di notte studiavano le stelle. La trasformazione e l'evoluzione dei culti pagani e delle loro celebrazioni diedero presumibilmente al tappeto una nuova centralità ed una nuova ricca geometricità, nonchè una struttura in lana, che a quei tempi era sicuramente già raffinatissima; a testimonianza di ciò, ci giungono nuovamente le pitture, -questa volta tombali- delle civilità dell'Elam e di Uruk, raffiguranti appunto tappeti di lana colorati, e in Sumeria giungevano prodotti proprio dall'Elam e da Uruk. Quali delle tre civiltà abbiano "portato" i tappeti alle altre non ci è dato sapere, certo è che l'uso a Elam e a Uruk non può escludere l'uso anche in Sumeria.

Immagine tratta da wikipedia

lunedì 26 gennaio 2009

Conoscere la storia per comprendere l'arte

immagine tratta da www.wikipedia.it


La complessità delle vicende storiche vissute nel vicino e nel lontano oriente, sono spesso la matrice originaria di tanti errori di cattiva interpretazione o di errata valutazione in un contesto storico, sociale e culturale che da parte occidentale risulta ancora in parte, o del tutto sconosciuto.
La conoscenza approssimativa e generica di quanto accaduto nei secoli a popoli come quelli "turchi", mongoli o caucasici, si riflette in misconoscenze, anche e soprattutto tapettologiche, in quanto l'essenza stessa dell'arte del tappeto è prima di tutto di matrice tradizionalpopolare e riflette secoli di storie e di tradizioni delle genti che consuetudinamente senza tanto clamore tessono tappeti. Conoscere dunque la storia, per comprendere l'arte del tappeto al meglio, è un' equazione imprescindibile per un aspirante tappetologo. Ho deciso di premiare gli amici neofiti che mi seguono e che mi incoraggiano con argomenti anche puramente storici e culturali che se da un lato può sembrare possano interessare il tappeto e l'arte della tessitura solo marginalmente, invece rappresentano gli elementi costitutivi ed evolutivi di quest'arte e dei suoi meravigliosi ed espressivi manufatti.

sabato 24 gennaio 2009

Ghereh - una rivista dedicata al tappeto

In ringraziamento alla visita di Taher Sabahi a questo blog, voglio dedicare una piccola parentesi alla sua rivista Ghereh, che ho già avuto modo di accennare altre volte e della quale custodisco gelosamente i primi 8 numeri.
Ghereh è l'unica rivista cartacea italiana dedicata al tappeto annodato orientale.
Nata nel 1993 e diretta da Taher Sabahi, esce ogni quattro mesi e la linea editoriale, è molto ben curata e ricca di informazioni.
Anteprime della rivista e il form per sottoscrivere l'abbonamento sono a questo indirizzo: http://www.ghereh.org/new/issues.htm

giovedì 22 gennaio 2009

Fiera eterogenea di tappeti a Rio de Janeiro

Sono poche le opportunità in Centro America e America Latina di poter assistere a mostre ed eventi sui tappeti orientali. Chi vive in quel continente, non può fare altro che navigare su internet, o visitare i rari negozi. Un paese che tradizionalmente vanta una certa attenzione ed un notevole rispetto per l'arte dei tappeti annodati è sicuramente il Brasile. Il tappeto in Brasile è ancora uno status symbol, ed un opera d'arte, le persone lo considerano un "must" ed una casa bella, per essere considerata tale deve essere necessariamente arredata con tappeti orientali.
Ne sono un esempio le opere televisivo-cinematografiche brasiliane, dove gli ambienti lussuosi vengono sempre rappresentati con tappeti a terra, di tutte le fogge e misure (un esempio per tutti può essere la famosa telenovela "Terra nostra", dove in ogni puntata si vedono almeno 4 esemplari).
Una simpatica opportunità per assistere in Brasile ad una mostra mercato eterogenea per qualità e misure è la Fiera degli antiquari di Gávea (Feira dos Antiquários da Gávea), che si svolge appunto in quel luogo ogni Domenica dalle 9 alle 17 pm. Cercando su youtube, ho trovato un video amatoriale, dedicato proprio a questa esposizione eterogenea di tappeti.

Buona visione.

domenica 18 gennaio 2009

I primi tappeti persiani erano tappeti turchi

Contrariamente a quanto si possa pensare, il passato remoto del tappeto persiano è oscuro e sostanzialmente sconosciuto quanto quello del tappeto cinese. Non esistono sostanzialmente testimonianze pittoriche occidentali (che invece riproducono in quantità esemplari anatolici), non esistono documenti (il Milione di Marco Polo parla esclusivamente di tappeti turchi), e non esistono reperti antichi se non quello del Pazyryk dalla tutt'ora controversa attribuzione. Del resto un prodotto di arte tessile destinato all'uso è ovviamente sempre stato molto più esposto alla consunzione e alla distruzione di tanti altri oggetti in pietra o metallo che sono -proprio per la loro carattertistica strutturale- invece sopravvissuti fino ai giorni nostri. La deperibilità quindi dei manufatti associati alla distanza (la Persia era senz'altro più lontana della Turchia) ha prodotto l'impossibilità a tutt'oggi di una logica ricostruzione del passato del tappeto persiano, e certamente è curioso che proprio questo avvenga per un generis che invece viene ai giorni nostri riconosciuto come il tappeto orientale per antonomasia. Le prime testimonianze di come potrebbero essere stati i tappeti persiani negli anni precedenti al 1400 e quindi precedenti alla grande rivoluzione Safavide, ci giungono dalle miniature persiane, dove in un primo periodo i tappeti locali figurano ancora geometrici per poi solo successivamente evolvere in floreali e arabeschi. Ciò non può che venire ragionevolamente spiegato dall'influenza Selgiuchide cui la Persia fu sottoposta. I Selgiuchidi erano una dinastia turca di religione musulmana sunnita che governò parte dell'Asia centrale e del Medio Oriente dal XI al XIV secolo e che impose la propria dominazione sulla Persia tra il 1060 e il 1094. I Selgiuchidi stabilirono a Konia la capitale del loro impero, e questa divenne ben presto il centro d'irradiazione del loro potere. Erano grandi estimatori dell'arte tessile annodata (che era espressamente geometrica) ed è proprio alla capitale Iconium che risalgono parti di tappeti dell'Asia Minore che sono attualmente conservate nel museo Evgaf di Istanbul, mentre altre, di tappeti caucasici, sono esposte al museo di Berlino ed al museo Nazionale di Stoccolma. I primi frammenti databili al 1100 - 1200 si trovavano nella moschea di Aladino ed in quella di Beyscheir e, secondo gli esperti, possono provenire dal Turkestan o almeno echeggiare motivi turcomanni. Questa influenza "turca" nel tappeto persiano che caratterizza anche una profonda e differente impostazione e visione religiosa dei fondamenti islamici applicata nell'arte e nel tappeto, si riflette ancora oggi con echi e riverberi che affascinano studiosi e appassionati. Da una parte l'evoluzione e la libera espressione di un'arte non più rigidamente inquadrata alle limitazioni di una stretta osservanza religiosa, e che si è tradotta nelle grandi manifatture cittadine: Tabriz, Kashan, Qum, Isphahan; dall'altra le affascinanti e primitive manifatture tribali che esprimono ancora parzialmente quell'antico rigido aniconismo ereditato dell'islamismo sunnita dei turchi selgiuchidi, manifatture semplici ma tradizionali come Gabbeh, Hamadan, Lori, Gouchan che testimoniano con i loro decori l'antica discendenza e origine del tappeto persiano.

sabato 17 gennaio 2009

La componente turca, quella curda e quella armena nei tappeti persiani

Il tappeto Persiano o meglio "iranico" (visto che la Persia non esiste più), è sicuramente il tappeto più famoso per eccellenza, almeno per quanto riguarda la sua fama e diffusione in occidente. La dinamica di questa fama e di questa diffusione è sicuramente meritata, pur dovendo ammettere che il "purismo" espresso" dalle più tradizionaliste manifatture turche, caucasiche ed asiatiche è certamente degno di ammirazione e rispetto, e pur riconoscendo che alcune tra le più meravigliose manifatture tutt'ora prodotte sono proprio Turche. Ma il gusto occidentale che ha sempre visto sin dall'antichità il tappeto annodato come un oggetto di grande valore economico ed estetico, ha di fatto premiato la spiccata flessibilità persiana nella realizzazione e nella rielaborazione delle manifatture. Alla base di questa convergenza tra Persia e occidente c'è stato sicuramente un similare approccio nei confronti del tappeto annodato: in Turchia, nel Caucaso e in Asia centrale considerato come oggetto d'uso ed espressione di tradizionalità. In Persia come in occidente considerato invece un'opera d'arte, necessaria quindi di continue evoluzioni, arricchimenti, e sperimentazioni. L'approccio culturale persiano al tappeto si è quindi prestato più favorevolmente di altre realtà alla diffusione di quest'oggetto in occidente, per un'evidente comunione di vedute. Ma sarebbe ingiusto anche in questo caso non riconoscere l'enorme apporto turco, armeno, curdo, a questo successo, perchè la realtà allora persiana, e oggi iranica, è estremamente complessa, e vanta un ampio ventaglio di popolazioni non persiane che hanno fatto parte, e che fanno parte tutt'ora, con le loro produzioni artistiche dell'insieme culturale di questa grande area quale la Persia. E' prima di tutto infatti kurdo un tappeto di Bigiar, è di origini armene un Lilian come turche un Serabend, è turcomanno un Turkeman, è creato da popolazioni originarie azere un Ardebil!!! Che la superiorità del tappeto Persiano sia stata determinata dal concorso di tante culture, e di tante idee è la mia certezza. La forza del tappeto persiano è il microcosmo delle tante realtà che egli stesso ha saputo modellare e rappresentare. Il successo del tappeto persiano è anche il successo dei turchi, dei curdi, degli azeri, dei turcomanni, degli armeni, degli ebrei che in Persia hanno abitato e tutt'ora abitano, conccorrendo allora come oggi, a quell'humus particolarissimo e a quella sintesi originalissima di vita e di cultura che insieme hanno saputo esprimere all'interno del paese che allora si chiamava Persia.