Sin dai tempi più antichi il tappeto, è passato rapidamente dal suo semplice valore d'uso a quello più intrinseco, ossia quello concettuale, filosofico ed artistico. Non passò molto tempo infatti che i tessitori nomadi prima, e gli ustad cittadini poi, iniziarono a dare espressione alla loro creatività, celebrando con colorati e molteplici decori l'esaltazione di una natura rigogliosa e variopinta, rappresentata spesso in proporzione inversa alle reali condizioni di vita dei luoghi da dove le stesse manifatture provenivano. Più le genti erano destinate infatti a vivere in terre aride e desertiche, tanto più era agognata e rappresentata la natura idealizzata dei loro tappeti.
Difficile elaborare per noi occidentali se non in maniera superficiale, idealizzata e figurativa, la durezza di una vita costruita attorno a un oasi o dentro le mura di una città eretta nel mezzo di deserti aridi e stepposi. Solo viaggiando e conoscendo in prima persona gli ambienti e le avversità di una vità vissuta in quelle aree è possibile comprendere almeno in parte i significati concettuali e reconditi intrisi in questi tessuti annodati. Non per nulla una vecchia credenza orientale indica in molti tappeti il dono di contenere l'anima di chi li ha tessuti, a significare quanto un tessitore metta tutto se stesso nella realizzazione di tale manufatto. Per far comprendere almeno in parte cosa tutto questo significhi, ecco una breve e concisa descrizione del fenomeno desertico.
La parola «deserto» viene dalla lingua latina e significa «disabitato, incolto». Scientificamente essa definisce aree di terre emerse nelle quali una grande scarsità di precipitazioni è congiunta ad una attiva evaporazione. Il deserto è quindi prima di tutto un fenomeno di natura climatica: le piogge sono saltuarie ed occasionali, molto scarse per lunghi periodi di tempo e, quando giungono, abbondantissime con carattere di temporale ed effetti catastrofici. Vi sono terre che sono deserte da millenni ed altre che lo sono divenute per effetto di mutamenti di clima relativamente recenti. Così ne scrive un giornalista ed etnologo italiano, Folco Quilici, che ha studiato e filmato il Sahara nel corso di ben dodici anni di viaggi: "il fenomeno del deserto è un fenomeno di lenta progressione; dove diminuiscono le piogge la vegetazione a poco a poco; dove sparisce la vegetazione le piogge finiscono per sempre, la terra si inaridisce, il vento diventa il padrone assoluto e la terra a poco a poco si polverizza in sabbia. I disegni e le pitture, i graffiti rupestri scoperti e studiati nel cuore del Sahara ci parlano di un passato remoto durante il quale questo mondo era verde, vivo, popolato di gente e di animali. Più recentemente, ai margini del Sahara, solamente al tempo dei romani vi erano terre popolate, ricche produttrici di grano e olio... qui Annibale catturava i suoi elefanti, e la flora e la fauna di tutta l'Africa erano presenti nelle zone mediterranee...". Colpevole è il sole, quindi? Un sole bruciante che si riversa senza freno ed interruzione dall'alba al tramonto, giorno per giorno, mese per mese, anno per anno, ed il cui calore produce trombe d'aria e miraggi. La forte insolazione diurna causa infine degli sbalzi di temperatura molto violenti che vanno da 60 - 70 gradi di calore durante il dì ai 3 gradi sottozero la notte. Per effetto del passaggio dal freddo al caldo il terreno si dilata e si contrae ed è continuamente in movimento e rottura ciò avviene producendo rumori secchi simili a spari o boati come tuoni lontani. Spesso questi suoni sono l'unica forma di vita che accompagna per giorni interi il viaggiatore delle carovane.
Citta di Kirman - foto di repertorio
1 commenti:
Visto il degrado climatico, non sono un esperto quindi mi astengo da qualsiasi ricerca di causa, anche zone a me profondamente care come la Sardegna sono a rischio desertificazione. I miei amici ed amiche annodatori, fra un po' di tempo,ricorderanno la loro magnifica vegetazione solo guardando i tappeti realizzati anni prima: quelli a decori floreali naturalmente.
Posta un commento