Secondo un vecchio detto orientale, se costruisci qualcosa con tutta l'anima e con tutto il cuore, questa finirà con l'avere anche uno spirito. La contemplazione di un bel tappeto, suscita non a caso l'ammirazione, commossa di chi lo guarda e -nel caso di collezionisti e studiosi- riesce a toccare corde attraverso un processo di comunicazione non verbale empirico e scarsamente spiegabile in maniera razionale. Il tappeto è quindi un catalizzatore, un oggetto totemico che manifesta e racchiude tutte quelle sensazioni attraverso le quali esso stesso è stato tessuto e per le quali è stato confezionato. Una sorta di comunicazione spirituale guida l'acquirente verso un determinato tappeto piuttosto che un altro, è l'istinto. è un colpo di fulmine, alcuni direbbero che è mesmerismo latente (ossia energie positive che imbrigliate nelle trame del tessuto operano un processo di attrazione "animale"). Qualunque cosa essa sia, esiste un rapporto diretto tra il tappeto e il suo compratore, una sorta di destino, che lega la persona a quel tessuto, non a caso un altro detto noto è quello che, ogni tappeto abbia la sua casa ad attenderlo. L'anima del tappeto è qualcosa che c'è ma che non è dimostrabile scientificamente, è qualcosa che caratterizza ogni singolo tappeto e che ha contraddistinto nei secoli milioni di pezzi, da queli più aulici a quelli più spartani. Quelli di oggi possono essere tappeti onesti economicamente, gradevoli esteticamente, ma vuoti spiritualmente, perchè sono "tirati giù", fatti per puro scopo commerciale e attraverso un procedimento manifatturiero che pure rimanendo manuale, opera secondo criteri standaristici e semi-industriali, conferendo così al prodotto finito il valore di un oggetto senza carattere, senza anima, senza particolarità. Un numero nello sterminato panorama di una produzione che purtroppo è ormai impegnata a fatturare.
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