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giovedì 17 luglio 2008

Muore il nomadismo



Oggi gli stati più progrediti cercano di eliminare il nomadismo; lo considerano una vergogna da nascondere e fanno il possibile per convincere e obbligare i popoli vaganti a fermarsi stabilmente presso i villaggi costruiti apposta o in zone dove l'agricoltura e l'allevamento hanno bisogno di uomini che vi si dedichino. Sono sforzi destinati al successo perchè i nomadi sono i primi a rendersi conto di come il loro stile di vita li tagli fuori dal progresso e dalla società. Di anno in anno interi gruppi etnici fissano la loro sede e trasformano le tende dapprima in tuguri e appena possibile, in case civili. Le grandi città del Medio Oriente sono circondate da periferie di catapecchie abitate da beduini, nomadi fino a ieri; mentre intorno ai campi di petrolio del Sahara, di fianco alle immacolate "roulottes" dei tecnici occidentali , stanno le tende nere dei Tuareg, spesso divenuti operai perforatori. E' un cambiamento in meglio o in peggio?" Se si pensa al nomade libero e fiero, dritto sul suo cavallo di fronte a spazi interminati, abituato ad affrontare la natura e a vivere a contatto di essa in semplicità di modo e di mente, il confronto stringe il cuore: oggi il nomade non fabbrica più tappeti, ed è destinato a trasformarsi in un operaio o in un disoccupato che non riesce ad adattarsi all'ambiente civile. Eppure è meglio un inserimento faticoso ma destinato al successo sicuro, che non un lento estinguersi in un mondo irriconoscibile. La storia dei popoli nomadi è stata meravigliosa e ha detto parole insostituibili nella diffusione della civiltà e del progresso. Ma oggi la strada del futuro non attraversa più i deserti sui passi lenti dei cammelli. Sono i deserti stessi a fiorire (come quelli del Neghev in Israele) o a trasformarsi in immense città petrolifere (come il Sahara in Algeria) e per questo mondo ahimè occorrono uomini nuovi. A noi non rimangono che i loro tappeti, vecchi, consunti, sempre più rare e preziose testimonianze di uno stile di vita che fu e che è destinato -a differenza delle manifatture cittadine- a scomparire per sempre.

6 commenti:

Gianluca Pistore ha detto...

è un vero peccato che scompaiano questi stili di vita, gli unici rimasti ad essere veramente eco-sostenibili.

antonio ha detto...

Da sempre i poteri forti hanno ostacolato il nomadismo. Gli Shah cercavano di impedirlo perchè avevano difficoltà a riscuotere i tributi e gente per l'esercito. Spesso doveva far inseguire queste tribù dai suoi "nomadi" fedeli, come i Bakhtiari e gli Shahsavan. Ma in seguito, diventati ricchi a loro volta, ecco che loro stessi lasciano la vita nomade per le comodità della sedentarizzazione. Nadir Shah ha spostato a sud di Kirman gli Afshari, che risiedevano in Azerbaigian, perchè bellicosi e incontrollabili. La Russia sovietica ha costretto interi popoli a mutare le tradizioni per avere manodopera "incanalata" a disposizione. Ed ora, per quei pochi nomadi rimasti, il nuovo ben più grande pericolo ha un nome: globalizzazione. Se non sei competitivo, crepa! Buona notte.

antonio ha detto...

Un amico mi ha segnalato che già nel XVI° secolo lo Shah Tahmasp aveva spostato un consistente numero di Afshar nel sud della Persia. Quella di Nadir fu solo un'opera di aggiustamento. Diamo a Cesare ciò che è di Cesare e a Tahmasp ciò che è di Tahmasp. Cordiali saluti.

antoscara ha detto...

Proprio Nadir Shah, che evidentemente ebbe grossi problemi di controllo del territorio, pare sia stato l'autore della "deportazione" dei Baluchi verso l'Iran nord-orientale per contrastare i bellicosi Tekke.

Barry O'Connell ha detto...

Buona punti, grazie al cielo che siamo in grado di raccogliere un paio di cose alla fine.
Perdoni la mia mancanza di abilità in lingua italiana.
Migliori auguri,
Barry O'Connell

Alberto De Reviziis ha detto...

Benvenuto, e non si preoccupi del cattivo italiano, se crede può scrivere in inglese o in spagnolo, lingue che conosco bene.

Dear Barry O'Connell you are welcome. Don't worry for your bad italian, if you want you could write in english or spanish two languages that I know quite well