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sabato 30 agosto 2008

Geografia del tappeto caucasico

L’ultimo libro di Taher Sabahi (L’arte del tappeto orientale), propone una classificazione, parzialmente innovativa, del tappeto caucasico .
  • Georgia e Azerbajan settentrionale: Shulaver, Bordjalu, Karachop, kazak a svastiche, a stelle, a medaglioni, ad albero.
  • Armenia: Erivan, Lori Pampak, Sevan, Chondorask, Chelaberd, Kasim Uschak, Lambalu
  • Daghestan: Lesghi, Avar, Daghestan
  • Azerbajan (Shirwan e Karabagh): Shikli, Gendje, Akstafà, Chaili, Karabagh, Moghan, Talish, Lenkoran, Shirwan, Maresali, Bidjov, Baku, Khila, Kuba, Alpan, Gumul, Karagashli, Konakend, Perepedil, Zeichur,Zeiwa, chi-chi

Confrontando tale classificazione con cartine del Caucaso proposte da altri autori (Eskenazi), sono palesi le incongruenze non solo nella grafia dei nomi, ma anche nella localizzazione, senza considerare che alcune non esistono proprio. La perenne necessità di aggiornamento delle informazioni riguardanti il tappeto caucasico (come pure per i tappeti di altre regioni) dimostra quanto in realtà ancora poco si sappia del tappeto orientale e quanto invece bisogna ancora approfondire e scoprire. Una classificazione definitiva del tappeto caucasico probabilmente non avverrà mai, vuoi per la natura intricatissima della regione (lo è tutt'ora) vuoi per il buco informazionale che per secoli non ha visto (per scarso interesse degli occidentali) una consapevole ed oculata raccolta di informazioni sugli annodati d'oriente. Un esempio significativo possono darcelo i tappeti Mogan, attribuire i determinati tappeti dove spiccano i gul Memling o serie di rombi scalari e uncinati alle steppe di Mogan è una scelta che si richiama a una consuetudine di catalogazione, ma che tutt'ora non può essere dimostrata con certezza. Spesso le incongruenze tra le catalogazioni di ieri e quelle di oggi erano e sono tutt'ora determinate dai luoghi di raccolta di certune produzioni, che avevano un toponimo, mentre la produzione era stata realizzata parecchio distante. I nomadi scambiavano e vendevano muovendosi per centinaia di chilometri, alle volte scambiavano (essendo il tappeto la prima forma d'arte concettuale della storia dell'umanità) un'idea, ovvero un simbolo, e da quì si creavano i presupposti per nuove manifatture ibride. I nomi dei luoghi erano tradotti in modo molto approssimativo vista la difficoltà della lingua e dei dialetti parlati e solo grazie ai rilevamenti e agli studi russi e sovietici dello scorso secolo possiamo confrontare informazioni più o meno approssimative di "ieri" con dati e studi odierni. Personalmente la trovo una necessità solo nostra tipicamente ossessivo compulsiva dell'uomo occidentale quella di voler trovare e attribuire sempre una localizzazione ad ogni singolo tappeto. Per evitare sparate e madornali errori, meglio sarebbe accontentarsi di definire l'area e l'ordine famigliare di appartenenza delle manifatture. Esempio: "tappeto dell'area di Karabagh di manifattura armena o curda". Le aree di produzione dei tappeti orientali dovrebbero poi venir considerate secondo i confini dell'attuale geografia politica, così da facilitare qualsiasi acquirente e/o collezionista in erba nella consultazione di qualsiasi atlante moderno. E' assolutamente inutile e fuorviante ad esempio chiamare un antico Tekkè "Bukhara Russo", quando la giusta collocazione del manufatto è invece il Turkmenistan, da quì l'indicazione più consona di: antico turcomanno o turkmeno di Tekkè del periodo russo.

1 commenti:

paolo ha detto...

Direi che il termine "Lesghi" esemplifica altamente quello che hai detto, trattandosi in realtà di un'iconografia che si ritrova in manufatti provenienti dai confini del Daghestan, attraverso l'area Shirvan-Kuba e fino alla regione dei Kazak.