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martedì 11 novembre 2008

Tappeti moderni? No grazie

Due settimane fa circa, l'opera Jurgen Dahlmanns ha esposto le sue nuove collezioni di tappeti moderni al Chiostro di San Marta, a Bergamo, con la collaborazione e il mecenatismo della famiglia Cobelli, titolare de «La Torre Tappeti». Innovazioni e sperimentazioni che non mi entusiasmano, che francamente non riesco a collegare all'interno di in un percorso filologico di evoluzione del tappeto. Ho una personalissima idea dell'arte moderna e contemporanea, spesso questa, ha svolto compito di rottura, una rottura così traumatica, polemica, concettuale e alla fine così autoreferenziale da rendere la manualità stessa inutile, così inutile che se non fosse stato per la nascita della transavanguardia, l'arte stessa sarebbe morta per eutanasia. Il tappeto moderno non ha -a mio avviso- nulla a che spartire con il tappeto orientale annodato, se non la semplice funzione di ricoprire pavimenti, tavoli e superfici in un ambito decontestualizzato. L'arte moderna e contemporanea, è compatibile con il tappeto orientale? Si può amare veramente il tappeto tradizionale e allo stesso tempo promuovere e sdoganare il tappeto moderno? Il tappeto annodato orientale è arte di popolo, conserva e documenta la storia, la religione, il sentire di un determinato popolo o di una determinata realtà locale. Il tappeto progettato da un'artista occidentale anche quando questi è prodotto in Nepal o in Tibet con le lane più squisite e con le tinte vegetali, rappresenta invece un concetto o una denuncia di un artista, niente di più. Il simbolismo talismanico di un tappeto curdo o caucasico ha un valore oggettivo, storico e filosofico, rappresenta infatti la sintesi di una religione o di una superstizione, oltre che l'evoluzione culturale di una determinata realtà e di un manufatto; ma il simbolismo di Haring o di Pollock ha come chiave di lettura la rappresentazione mentale dell'autore che tra l'altro dev'essere spiegata da critici in quanto personalissima traduzione su tela dei pensieri dell'artista. Al di là della questione concettuale, va anche denunciata una certa mancanza di flessibilità da parte dell'arte moderna, l'arte moderna spesso rifugge da tutto quello che è riconducibile al vecchio e al classico, lo marginalizza, anche solo per una questione di forme e di spigoli che in un medesimo spazio sono impossibili da condividere con l'arte classica. Lo stile barocco all'interno del tappeto annodato orientale è tramontato proprio per questo, agli architetti d'interni infatti è venuto più facile accostare al minimalismo e alla rigidità delle forme arredative moderne una rigidità iconografica presente nei tappeti geometrici; questo comportamento ha purtroppo drammaticamente finito con l'emarginare intere manifatture come i Kashan e i Kirman che sono ormai obsolete. Il tappeto moderno quindi è solo un sostituto, un surrogato al tappeto orientale annodato, non è una sua evoluzione, ma una pallida imitazione che francamente non potrò mai considerare positivamente. Potrei proseguire ma.. è tempo di andare ad aprire il negozio.

9 commenti:

paolo ha detto...

Alberto carissimo!
Un argomento che mi sta molto a cuore, ma sul quale finora non avevo avuto interlocutori per uno scambio di idee.

Sono d'accordo nell'attribuire alla stragrande maggioranza dei tappeti "moderni", talvolta veramente belli e accattivanti, un ruolo essenzialmente decorativo, di complemento d'arredo raffinato.

Il tappeto antico ha un altro "sapore", magari non facile da definire, essendo espressione della cultura di popoli e non di singoli individui.

E' anche vero che siamo spesso un po' restii alle innovazioni, e che il tappeto ha in realtà subito un'innovazione che lo ha fatto evolvere da selgiuchide, a mamelucco, a safavide ecc...

D'altra parte certi tappeti di Amoughli hanno un impianto che li farebbe tranquillamente includere tra i tappeti "moderni", e che certi stupendi Teheran di Arabzadè rompono con gli stilemi classici. Direi però che sono anch'essi frutto della sperimentazione dell'artista/ustad, che ha alle spalle una solida tradizione calata nella cultura del suo popolo.

Perciò concluderei che il tappeto "moderno", anche se fatto in Nepal con materiali di qualità, tinture vegetali, in assenza di lavoro minorile, con l'intento di fornire un'opportunità a persone meno fortunate, rimane pur sempre un'operazione squisitamente commerciale e come tale destinata a restare almeno un gradino sotto al tappeto antico.

E a questa categoria aggiungo a malincuore anche quei bellissimi tappeti di Cina art decò di inizio Novecento che tanto mi piacciono, ma che sono uno stravolgimento dei canoni tradizionali piegati a mere esigenze commerciali.

paolo ha detto...

Volevo solo aggiungere che grandi artisti come Picasso e Mirò, nonchè gli italiani Boetti e Nespolo, si sono cimentati con il tappeto o l'arazzo.
In questo caso il manufatto rappresenta soltanto una superficie diversa sulla quale esprimere il loro talento e la realizzazione non aggiunge nulla alla storia dell'arte del tappeto.
Anzi: direi che non la sfiora neppure.

freddy ha detto...

A questo punto penso sia inutile dire altre cose: caro Paolo per me hai detto tutto! Per me, amante degli antichi, non prendo nemmeno in considerazione il moderno. Ricordate i tappeti Himalayan Line presentati da una nota Azienda? Sembravano pelli di zebra, di mucca...ABOMINEVOLI!!! amici miei un caro saluto da Freddy

antonio ha detto...

Amoghli chi? Il maestro vissuto a Mashad a cavallo fra il XIX° e il XX° secolo? Ideatore della revisione del tappeto a medaglione e angolari che, come tradizione nel Khorasan, firmava in un cartiglio i suoi esemplari? Quello a cui alcuni attuali fabbricanti imitano, probabilmente in modo assolutamente legale, la firma e il nome? No, i suoi tappeti no. Fra i tappeti moderni no!!!!
E che cavolo....

antonio ha detto...

Ma poi, chi lo dice che aiutano persone meno fortunate ed in assenza di lavoro minorile? Loro. "Cicero pro domo loro".

paolo ha detto...

Ciao Antonio!
Si, proprio il maestro di Mashad.
Sono riuscito a recuperare l'immagine del tappeto in questione, visibile in:

http://www.spongobongo.com/em/em9765.htm

Considero l'opera in questione una sperimentazione da parte di un ustad talentuoso, geniale, fuori dagli schemi, quindi degna di considerazione. c

Certamente diversa da quella "linea" di tappeti citati dall'amico Freddy, fatti sì a mano, ma in serie. Potresti trovarne uno identico in casa del tuo vicino... che tristezza!

paolo ha detto...

Dimenticavo... e scusatemi per l'invadenza in questo topic.

I tappeti di Rassam Arabzadeh, veramente geniali, indipendentemente dall'apprezzarli o meno, potete vederli e ingrandirli in:

http://www.oldcarpet.com/tehran.htm

Sono nella colonna di destra della pagina.
Un saluto a tutti.

antonio ha detto...

Caro Paolo, circa Amoghli, il tappeto pubblicato su Spongobongo, appartiene al catalogo di Alberto Levi. Ve ne sono altri due definiti, come quello da te indicato, "Modernist carpet Signed Atelier Amoghli- Mashad, Khorasan province - Northeast Persia
Circa 1940". Ritengo che siano tappeti realizzati dal laboratorio portante il nome del grande maestro, ma non da lui. Nella stessa pagina di Spongobongo sono riprodotti alcuni tappeti del maestro. L'iconografia di tutti è tipicamente persiana. Saluti.

paolo ha detto...

Hai ragione Antonio, la datazione fa propendere per una produzione di atelier.
Resta comunque la realtà di prodotti geniali, ben diversi da quelli di Jurgen Dahlmanns, Jan Kath o peggio (tanto per non fare nomi, vedi il post di Freddy).