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mercoledì 8 luglio 2009

Non si fabbricano più tappeti in Uiguristan per estinzione di uiguri


E' di qualche giorno la drammatica notizia di nuovi sanguinosissimi moti di ribellione che stanno sconvolgendo le misteriose e silenziose terre delle oasi di Khotan, Kashgar e Yarkand. La considerazione su quanto sta accadendo in quei luoghi è quasi d'obbligo, non solo per rispetto di un epico passato tappetologico dove è possibile rammentare i frammenti e gli affreschi di Turfan, ma anche per una produzione relativamente recente che oggi rischia di scomparire del tutto. Se già infatti a Yarkand e Kasghar non si produce praticamente più nulla, presto anche nelle altre realtà uigure come Khotan non si realizzeranno più tappeti.

Qualcuno potrebbe asserire che questo fenomeno rientra nella normale trasformazione di una realtà che da rurale ed arcaica passa ad un modello più moderno ed industrializzato, esattamente come accadde nelle realtà di Veramin o Joshagan in Persia. Il problema è che a differenza di realtà persiane, turche o caucasiche, in Uiguristan (Xinjiang chiamato dai cinesi) si rischia di non realizzare più tappeti per una ragione molto ben più drammatica: l'estinzione delle popolazione autoctona.
Si potrebbero scrivere decine di pagine sull'orribile colonialismo cinese ai danni di una realtà musulmana assolutamente estranea per storia e per razza alla Repubblica Popolare Cinese, ma non cambierebbe purtroppo comunque le cose, e non è certamente questo il luogo di discussione, anche se da buon tappetologo, lo sguardo nostalgico di fronte ad una realtà locale che rischia drammaticamente di essere stravolta da chi prepotentemente nega perfino che il separatismo abbia un fondamento storico, è inevitabile. Tappetorientale dedica il proprio pensiero a queste popolazioni e ai loro tappeti, oggi minacciati nella loro stessa esistenza dall'inaudita prepotenza di questi cinesi intolleranti.

2 commenti:

paolo ha detto...

Pur condividendo in pieno il tuo pensiero sul colonialismo cinese nei confronti degli Uighur (e non solo), farò la parte dell'avvocato del diavolo.
La recente produzione del Turkestan orientale propone modelli di ispirazione persiana e mi pare che anche le copie dei cosiddetti Samarkanda che si trovano sul mercato siano prodotte in Pakistan.
In assenza di una politica mercantile in grado di far rivalutare e riprodurre la produzione antica è forse meglio che anche la locale produzione odierna scompaia, lasciandoci il ricodo incontaminato degli affascinanti esemplari delle oasi.

Alberto De Reviziis ha detto...

e' vero caro Paolo, i modelli degli ultimi anni non centrano praticamente nulla con quelli della tradizione locale, ma vedi, anche questo è dovuto al colonialismo cinese, in quanto ogni tappeto che esce dal turkestan orientale per essere venduto, nasce sotto le precise disposizioni delle istituzioni preposte. Nulla è demandato al libero gusto o arbitrio, a meno che si tratti espressamente di qualche manufatto destinato all'uso locale. Forse se giungesse la tanto agognata indipendenza, allora si assisteremmo anche all'indipendenza del tappeto del Turkestan, finalmente libero di esprimersi senza il fardello degli imput del mercato cinese.