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lunedì 10 novembre 2008

Guardare un bel tappeto fa bene

Recenti studi condotti presso un laboratorio americano hanno fornito dati interessanti:

ai volontari dell'esperimento -monitorati da sofisticate apparecchiature in grado di registrare le onde encefaliche (delta, theta, alfa, beta e gamma) - sono state mostrate opere di arte classica alternate ad opere di arte moderna. Il risultato è stato sorprendente, la costante sempre la stessa: anche se al dire degli interessati le opere moderne venivano razionalmente giudicate "belle" o "interessanti", le frequenze encefaliche li tradivano inesorabilmente, con livelli di stress fortissimi, che alla vista di opere classiche scomparivano. L'inconscio infatti non riconosce il processo razionale e quindi "concettuale" con il quale viene "indorata" la pillola dell'opera d'arte moderna, ma discerne una beltà oggettiva da una bruttezza oggettiva a livello istintivo. In poche parole: la vista di un bel quadro o di un bel tappeto fa bene alla salute.

domenica 9 novembre 2008

Il tappeto nella parabola discendente dell'uomo

Il tappeto è inesplicabilmente una conquista scientifica che ha accompagnato insieme alla ruota, agli indumenti e alla scoperta del fuoco il lungo cammino evolutivo dell'uomo e che insieme ad esso si è accompagnato ed evoluto. E' interessante a questo proposito analizzare il cammino di questo manufatto e la sua evoluzione stilistica e strutturale durante la storia dell'uomo.

I primi tappeti nacquero verosimilmente nel periodo neolitico ovvero l'età della pietra, l'ultimo dei tre periodi che costituiscono la preistoria. Fu un periodo contraddistinto da notevoli innovazioni: litotecnica (lavoratura della pietra), nascita dell'agricoltura e dell'allevamento.
Fu proprio durante questa grande rivoluzione che si iniziarono a realizzare stuoie di erba, di corteccia o di pelle animale. Rilevamenti e studi archeologici ritengono infatti che le popolazioni palafitticole e cavernicole avessero già intrecciato stuoie vegetali per riparare i piedi nudi. La lavorazione della pelle fu quella che portò poi alle prime rudimentali tecniche di tessitura, conciatura e tintura. Gli studiosi affermano che il telaio esisteva ben prima del 3000. a.C. brani di tessuto sono stati trovati in Svizzera e riferiti all'età del rame. Indumenti di stoffe del neolitico ed altre che risalgono all'età del bronzo inferiore (secondo millennio a.C.) sono venuti alla luce in Danimarca. In Egitto e in Mesopotamia intorno al 3000. a.C era diffuso il telaio, che serviva non solo per abbigliarsi di leggerissimi veli di lino , ma anche per grandi tele da appendere alle pareti, come sappiamo da documenti rinvenuti nelle tombe dei faraoni. Drappi di vario genere addobbavano le case dei ricchi e venivano stesi sui tavoli, altri erano impiegati come scendiletto. Sulla base di queste testimonianze la giovane scienza del tappeto orientale considera dunque che i primi tappeti in forma non annodata fossero già in uso a partire dal 3000 a.C. ma sono informazioni che giungono da un passato che riemerge di volta in volta con nuove testimonianze, con nuove scoperte, ognuna delle quali può spostare la lancetta dell'orologio di parecchie centinaia di anni. Del resto alcune stoffe in lana appaiono anche in alcune pitture murali, scoperte pochi decenni fa in Medio Oriente e risalenti al quarto millennio a.C. mentre alcuni frammenti di tappeto piatto riconducibili al periodo protostorico sono stati rinvenuti in caverne dell'Asia centrale. Ma tessere un semplice oggetto d'uso non poteva bastare, ben presto il pastore nomade che poteva proseguire a tessere tappeti monocolore usando la lana a sua disposizione, decise di aggiungere dei peli neri di capra, per poi tingere le lane attraverso l'estrazione di principi coloranti da fiori, bacche e radici. Sul vello dei tappeti i nomadi iniziarono a rappresentare i simboli dei clan di appartenenza e i momenti significativi della propria storia, ma non solo: iniziarono a dare anche espressione alla loro creatività, volta a celebrare con colorati e molteplici decori l'esaltazione di una natura rigogliosa e variopinta, tanto più agognata e idealizzata presso genti destinate a vivere in terre aride e desertiche.
Da quanto ricapitolato e visto, il tappeto dunque, si evolve, da intreccio di corteccia e/o fibre a lavorazione e concia della pelle, fino alla tessitura del lino e della lana e alla sua conseguente annodatura, lo sviluppo dei decori e l'abbandono della monocromia, seguendo di pari passo l'evoluzione e il cammino dell'uomo. Evoluzione dei decori e della qualità seguiranno di li in avanti una parabola ascendente che ignora la periodizzazione tradizionale della Storia d'Europa, (vedasi tappeti selgiuchidi, mamelucchi, timuridi) e che raggiunge il suo un picco verso la fine del 1400 in pieno rinascimento (dinastie e produzioni Safavidi e Moghul). Da quel momento il tappeto orientale vive un periodo di "splendido isolamento" fino al 1800, secolo durante il quale inizia il suo declino, in Persia e in Turchia a causa della domanda occidentale, in Caucaso e in Asia Centrale a causa del dominatore russo. Indipendentemente dall'area, il percorso è il medesimo: colori sintetici, produzioni standarizzate, scadimento di qualità, diminuzione dei decori, realizzazione di tappeti ibridi. Oggi il "progresso?"... ha chiuso le manifatture, sedentarizzato i popoli, sostituito con le macchine il lavoro manuale.

Il tappeto come puro oggetto d'arredo, viene via via svuotato del significato simbolico e ricreato seguendo le mode e le esigenze del mercato. Si riscoprono i geometrici, poi via via si impiantano manifattura in Tibet ed in Pakistan per realizzare tappeti exnovo sempre più minimalisti, e monocromi (i decorativi), fino a ritornare all'intreccio di carattere "neolitico" di fibre di cocco, di corda e altre soluzioni alternative. Viviamo una crisi economica ed una ecologica dove secondo le ultime stime, se non una, l'altra sicuramente travolgerà l'uomo, portandolo a rischio della sua stessa sopravvivenza. Il cerchio si chiude: eravamo partiti da un tappeto di fibre intrecciate e al tappeto di fibre siamo ritornati, 6000 anni di storia e di evoluzione per ritornare alla stuoia di cocco.

C'è da pensarci su.

sabato 8 novembre 2008

Tappetorientale collabora con Tappetisicuri

Come avevo precedentemente annunciato , qualche giorno fa sono stato contattato per una richiesta di collaborazione con un portale cui fa riferimento una delle più importanti figure in Italia nel campo dei tappeti orientali. Questo portale è tappetisicuri.it e la figura di cui parlavo è Taher Sabahi presidente e fondatore della rivista "Ghereh". Naturalmente vista la serietà e la missione del progetto nonchè la caratura dei personaggi, ho accettato con grande onore di potervi collaborare. Ora stanno cambiando l'impostazione della home page, per dare più risalto alla sezione news (dove inseriranno i miei articoli), non appena il portale sarà pronto, gli articoli di "tappetorientale" approderanno quindi anche su http://www.tappetisicuri.it/

venerdì 7 novembre 2008

I tappeti di D'Annunzio

D'Annunzio è stato sicuramente un grande estimatore dei tappeti orientali, tanto da collezionarne più di 160. Un modo tutto originale di collezionarli: nessun pezzo appeso alla parete, ma tutti praticamente disposti a terra in maniera orientale, con originali sovrapposizioni caratteristiche delle case di quei paesi. I tappeti sono sempre rimasti esposti presso la residenza D' Annunziana del Vittoriale, a Gardone, ma oggi si inaugura alle ore 18.00 (ingresso a invito) la mostra "Gli amarantini prediletti da Gabriele D'Annunzio", organizzata a Palazzo Farnese (nello spazio espositivo della cittadella) da Area Sisal, azienda piacentina che si occupa del commercio di tappeti persiani e orientali. L'iniziativa è incentrata sulla passione che D'Annunzio nutriva per i tappeti orientali, in particolare per quelli provenienti da Bukhara, i cosiddetti appunto "amarantini", protagonisti dell'esposizione. La mostra, oltre alla riproduzione di alcuni degli ambienti riccamente arredati del Vittoriale, cercherà di portare all'attenzione le citazioni letterarie in cui il Vate accennava a questi manufatti, come nel romanzo Forse che sì, forse che no, in cui si trova la denominazione appunto "amarantini".

Notizia liberamente tratta e adattata da http://pcturismo.liberta.it/asp/default.asp?IDG=50100&H=

giovedì 6 novembre 2008

Kilim Navajo

Spesso i sostenitori del diffusionismo riportano a supporto delle tesi diffusionistiche le grandi opere megalitiche presenti in maniera quasi uniforme su tutto il pianeta terra. Secondo questa interessante teoria, alla base delle nostre culture esisterebbe una matrice unica e antidiluviana dalle cognizioni ingenieristiche estremamente avanzate che un qualche evento traumatico nella storia (forse proprio il diluvio universale) avrebbe scompaginato e quasi cancellato totalmente. Non tutti sanno che forti elementi di studio del diffusionismo possono riscontrarsi anche nei tessuti americani e non solo nelle piramidi egizie o atzeche. I tappeti Navajo sono ad esempio una mirabile espressione artistica tessile degli indiani del nord america che ha sviluppato (nell'isolamento completo) iconografie proprie ma al contempo medesime a quelle parsi ed indoeuropee. Rombi, svastiche, simboli totemici e talismanici, caratterizzano un genere di tappeto piatto nordamericano che alle volte può essere confuso e scambiato per un kilim di origine persiana.

mercoledì 5 novembre 2008

Importanti riconoscimenti


La conferma del successo di questo progetto, non viene solo dai commenti o dai numeri dei visitatori, ma anche dal riconoscimento che giunge alle volte da importanti personalità del settore. Dopo aver ottenuto l'attenzione di esperti e professionisti come Barry O'connel, ieri sono stato contattato per una collaborazione con un portale cui fa riferimento una delle più importanti figure in Italia nel campo dei tappeti orientali. Per ora non voglio anticipare nulla, anche perchè i contatti sono appena iniziati. Non appena il discorso raggiungerà una definizione certa, non esiterò a ufficilizzare in questa sede il probabile nuovo approdo dei miei articoli anche in detto portale.


lunedì 3 novembre 2008

Tappeti Burjesta

Un amico lettore mi ha chiesto qualche informazione sui tappeti Burjesta:
I tappeti Burjesta sono tappeti di tradizione iranica di tecnica "mista". I decori intessuti con la tecnica "Kilim" vengono risaltati da aree a nodo Senneh. Questi tappeti vengono realizzati in lana, i simboli utilizzati sono quelli archetipo/tribali spesso a impianto orientato, e i colori sono vivaci. Il risultato è un tappeto di qualità, vivace ma dai colori armoniosi e con un valore tradizionale (dal punto di vista iconografico s'intende) di un certo spessore.