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domenica 30 marzo 2008

I 5 tumuli misteriosi

Nel 1949 una spedizione archeologica russa scoprì 5 tumuli misteriosi di cavalieri, in uno dei quali era miracolosamente conservato e sopravvissuto nel permafrost un tappeto annodato di finissima fattura. La scoperta fu resa pubblica nel 1952 in un libro pubblicato a Leningrado a firma di S. I. Rudenko dal titolo: "Gli scavi nel Ghornii-Altai e gli Sciti. Il Pazyryk -così è stato chiamato questo prezziosissimo reperto- costituisce la più antica testimonianza esistente di tappeto annodato e segna un punto fisso nella storia del confezionamento dei tappeti annodati. Grazie ad esso e alla datazione al carbonio, sappiamo con certezza che il tappeto era già annodato nel V° secolo a.C
Ma questo tappeto se da una parte contribuì a svelare un mistero, ne porto immediatamente alla luce un altro: gli sciti non disponevano di tecniche così evolute nel confezionamento di tappeti annodati ed erano troppo distanti dai persiani per poter gongetturare un qualche contributo dell'evoluta civiltà sopracitata. Chi lo confezionò dunque? Quali mani? Quali saperi furono in grado in così remota epoca di produrre simile opera d'arte?

Il Pazyryk

Nel 1949 uno scavo archeologico diretto dagli studiosi russi Grinzanov e Rudenko, sui monti Altaj, nella Mongolia nordoccidentale, portò alla luce il più antico tappeto del mondo, conosciuto col nome di Pazyryk, ovvero la denominazione della regione in cui fu rinvenuto. Per quasi 2000 anni era stato conservato dal ghiaccio di una tomba tumulo di un nobile scita e con ogni probabilità costituiva il corredo funebre insieme a un carro smontato, ai resti di un cavallo e ad altri vari manufatti appartenuti al defunto. La scoperta fu eccezionale e costituì una conferma tangibile di quanto si conosceva da fonti storiche come gli scritti di Erodoto e di Senofonte, e letterarie come i poemi omerici. La letteratura Greca e Romana, testimonia infatti che presso alcuni popoli antichi dell'Asia l'arte della tessitura era così evoluta da permettere il confezionamento di raffinati tessuti, forse proprio di tappeti utilizzati in genere come stuoie. Realizzato intorno al V° secolo a.C, così come confermano le prove con il carbonio radioattivo, il Pazyryk oggi conservato al museo russo dell'Hermitage a San Pietroburgo continua a stupire gli studiosi per l'accuratezza esecutiva e per i suoi decori. presenta infatti una fitta annodatura di 3600 nodi simmetrici per decimetro quadrato con disegni complessi, valorizzati da una straordinaria policromia, con prevalenza del rosso, del verde pallido e dell'avorio e di un delicatissimo arancio. La forma è quasi quadrata 200 x 183, al centro del campo propone un susseguirsi di 24 formelle con foglie lanceolate disposte a croce e piccoli boccioli. Tutt'intorno corrono cinque cornici, di cui la principale esterna riproduce una processione di guerrieri a cavallo o al fianco del proprio destriero. Tutte le altre bordure riprendono i motivi del campo con decori ispirati alla stilizzazione di animali tra essi: cervi e grifoni che presso gli Sciiti erano legati al culto dei morti.

I misteri del Pazyryk

Il Pazyryk pose immediatamente degli interrogativi: Quale significato simbolico avevano i disegni? Chi (quale popolo) in quella remota regione e in quel lontano periodo era riuscito ad eseguire un così raffinato manufatto? Considerando sia alcune pagine delle Storie di Erodoto, dove l'autore greco descrive con minuzia di particolari la liturgia funebre degli Sciti, che celebravano la morte di un nobile guerriero con una serie di riti complessi, sia il luogo del ritrovamento (un tumulo), il primo quesito poteva venire risolto con facilità: il Pazyryk era una rappresentazione iconografica del rito funebre di un grande signore scita. Dopo aver imbalsamato infatti la salma, la si faceva sfilare per 40 giorni nel suo territorio e quindi la si inumava insieme al carro al cavallo e ai corpi della moglie e della sua concubina. Ma il solene rituale non si concludeva quì poichè un anno dopo venivano sacrificati 50 cavalieri appartenuti al seguito del defunto e le loro salme erano poste all'ingresso della sepoltura per vegliare sul riposo del loro capo. Tutti gli oggetti rinvenuti nella tomba del Pazyryk sembravano confermare il racconto dello storico greco e gli stessi decori della cornice coi suoi solenni soldati a cavallo, quasi descrivono il medesimo momento del sacrificio dei cavalieri.
Il secondo interrogotivo resta ancora in parte irrisolto. Gli studiosi sono concordi nell'affermare che un capolavoro di simil perizia non possa essere attribuito solo all'estro degli Sciti, ma abbia richiesto l'apporto di tecniche sviluppate di altre culture. Rudenko riteneva che il Pazyryk fosse stato eseguito da tessitori persiani del periodo achemenide, ma la tesi non convince alcuni studiosi, i quali sostengono che il tappeto fu eseguito avvalendosi del contributo dell'evoluta civilità degli Urartei fiorita in Armenia. Presso tale popolo, infatti la tessitura era quanto mai evoluta, come confermano sia gli scritti dello storico greco Strabone, sia il rinvenimento di telai e frammenti di manufatti. Inoltre proprio nel regno di Urartu si usava estrarre il colore porpora della cocciniglia, tinta che compare con abbondanza nel reperto di Pazyryk.
Articolo liberamente adattato da "TAPPETI" DeAGOSTINI



Un particolare del Pazyryk

1 commenti:

antonio ha detto...

Un saluto. Credo che il Pazyryk sia una vera e propria finestra aperta su un mondo misterioso. Nella stessa zona archeologica fu rinvenuto, ed ora fa parte della cosiddetta “Collezione Siberiana”, un tappeto da muro in feltro, di colore bianco, con rappresentati, in modo ripetitivo, una dea ed un cavaliere. Inoltre, su di un tessuto, anche lui scoperto nel V° kurgan, sono rappresentati dei leoni e dei daini simili a quelli del Pazyryk. Questi, per la stragrande maggioranza degli autori, sono considerati, sotto il profilo culturale, personaggi ed animali tipici delle aree di provenienza Sciita, ovvero euro-asiatiche con contaminazioni di stile iranico. Inoltre, su molti oggetti di artigianato scoperti nei monti Altaj, la matrice inconfondibile è quella achemenide. Pare quindi logico pensare ad una contaminazione fra la civiltà iranica e le genti altajche, non solo per oggetti in metallo, legno o terracotta, ma anche per i tessuti e gli annodati. Un’ultima cosa, se andate al Hermitage provate a chiedere alla vostra guida di vedere questo tappeto: non sa nessuno né cosa sia né dove sia.