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venerdì 19 marzo 2010

Gli sconosciuti tappeti curdi: Herki, Sauj-Bulagh, Van, Kurdì....

Il Kurdistan (in curdo Kurdewarî), ossia paese dei curdi è un vasto altopiano sito nel Medio Oriente e più precisamente nella parte settentrionale e nord-orientale della Mesopotamia. Non è uno stato indipendente, ma una regione geografica abitata prevalentemente dai curdi, politicamente divisa fra gli attuali stati di: Turchia (sud-est), Iran (ovest), Iraq (nord) e, in minor misura, Siria (nord-est) ed Armenia.
L’arte della tessitura della popolazione curda vanta tradizioni antichissime e manifatture originali; a causa però della mancanza di uno stato Curdo Libero, queste manifatture sono state sempre inquadrate nell'ambito delle rispettive ed attuali produzioni geografico/politiche senza che ad esse venisse in alcun modo riconosciuta la loro reale origine culturale, storica ed etnografica come prodotto curdo, specialmente per quanto riguarda il mercato estero. Avviene così che tappeti curdi come i Senneh, i Gouchan o i Bijar realizzati nel Kurdistan persiano vengono genericamente chiamati tappeti persiani, mentre i Van, i Malatya, e i Sivas, vengono riconosciuti come tappeti turchi. Ma l'onta peggiore, l'hanno subita le produzioni del Kurdistan iracheno e di quello siriano, essendo infatti l'Iraq e la Siria patrie minori del tappeto, prive di significative produzioni storicamente riconosciute, anche quelle di origine curda hanno finito con il condividere la sorte dell'anonimato, diventando così a tutti gli effetti produzioni irachene o siriane poco importanti nell'ambito del mercato internazionale.
A causa di questo pasticcio storico, la conoscenza del generis curdo a tutt'oggi, si ferma spesso alle più conosciute tipologie e manifatture provenienti dalle realtà Turche e Iraniane, senza invece tenere conto dei ben più numerosi esemplari in circolazione, ognuno dei quali con proprie e rispettive caratteristiche.
Al contrario di altre produzioni, i tappeti curdi sono stati studiati e descritti solo a partire dal XIX secolo e tutt'oggi vengono per lo più prodotti in piccole realtà rurali, per un uso interno, studiare questi tappeti, (alle volte anche solo incontrarli) significa poi viaggiare in realtà remote e turbolente spesso sconsigliate dalla Farnesina e classificate come aree pericolose, a causa dei fermenti secessionistici tutt'ora in atto. Questi due fattori, hanno giocoforza agito negativamente sullo studio dei tappeti curdi, generando spesso una misconoscenza del generis che si riflette oggi anche nella scarsa bibliografia ad essi dedicata.
Come se non bastasse, oggi, queste realtà sono anche sottoposte a spopolamento per le ragioni politico/sociali sopracitate con (nel caso Turco) grandi spostamenti di migliaia di famiglie, che dai villaggi migrano nelle metropoli, dove non è poi più possibile mantenere le tradizioni.
Va quindi detto, che oltre le più conosciute manifatture curde della Turchia e dell'Iran, esiste un intero panorama di tappeti curdi meno comuni, come ad esempio i Sauj-Bulagh o gli Herki. Spesso queste tipologie "minori" che differiscono le une dalle altre solo per piccole differenze, vengono genericamente chiamate "Kurdì" o "tappeti curdi". E' una generalizzazione che il settore del XXI secolo non dovrebbe permettersi, visti e considerati anche i livelli notevoli di questi annodati, che sono interessantissimi, indipendentemente dall'inquadramento politico nel quale sono stati o tutt'ora vengono realizzati.

2 commenti:

antonio ha detto...

Molto interessante questo articolo da cui traspare anche la difficoltà, per chi valuta un tappeto curdo, di riuscire a distinguere a quale ceppo tribale sia attribuibile l’annodato. Spesso le iconografie, molto ampie come tipologia del decoro, sono utilizzate in numerose enclave, anche con tecniche annodatorie molto simili. Si sono diversificate, sia per tecnica che per decoro, quelle che erano realizzate non per uso proprio ma per commercio, come quelle di Senneh, Bijar, Quchan.
Veramente strano, in questo caso, come due località vicine come Bijar e Senneh, abbiano sviluppato tecniche di realizzazione completamente diverse.
Un saluto.

antoscara ha detto...

Questo post è arrivato proprio in occasione di una mia visita presso un commerciante milanese che possiede una cospicua collezione di esemplari ascrivibili alla tribù Jaff, probabilmente la serie di manufatti più facilmente individuabili iconograficamente.
Poiché la cosa mi ha solleticato la curiosità, ho naturalmente consultato varie fonti testuali che confermano, grossomodo tutte, l'assoluta difficoltà nella attribuzione di paternità in relazione alle singole tribù.
Tanto per dare la dimensione della sterminata parcellizzazione delle tribù curde segnalo queso link (da spongobongo):
http://www.spongobongo.com/her9707.htm