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mercoledì 10 marzo 2010

I tappeti del museo Bardini a Firenze - opinioni

Dopo qualche mese dalla sua riapertura al pubblico, la scorsa settimana ho avuto finalmente modo di visitare insieme a mia moglie e ad un amico di Infotappeti, il museo fiorentino del Bardini (noto collezionista antiquario) che vanta insieme al Bargello -ne parlerò in altro post- una delle più importanti collezioni di tappeti orientali antichi datati tra il XVI e i XVIII secolo.
Senza togliere nulla alle 3600 opere esposte, tra pitture, sculture, armature, strumenti musicali, ceramiche, monete, medaglie e mobili antichi, (eccezionale il crocifisso ligneo medioevale e la collezione di cassoni nuziali), devo dire che la collezione di annodati più pubblicata in tutti i libri di tappeti, vista dal vivo ha un qualcosa di vigoroso, di esaltante che lascia senza parole. Il museo ha voluto riallestire i tappeti nella maniera con la quale li aveva allestiti il Bardini stesso, ossia -frammento mammelucco e tappeti di cuoio nordafricani a parte- lungo le pareti dell'imponente scalone del palazzo. L'effetto scenico e il ripercorso storico sono senz'altro di grande effetto, ma rendono la collezione di non facile fruibilità, il collo alla fine si stanca nella prolungata osservazione a naso in su degli esemplari e le scale non consentono di camminare scioltamente mentre li si osserva, pena il rischio di cadere giù dalle scale. La piantina che numera e identifica gli esemplari è poi ridotta all'osso con la sola datazione delle opere e la loro identificazione geografica. Nel frattempo ho avuto un esempio di come si muovono le guide nell'ambito degli annodati esposti nei musei italiani, una guida che stava illustrando ad un gruppo le opere esposte e che aveva dettagliatamente già illustrato dipinti, sculture ma anche mobilia, oggettistica e arredi conservati nel museo, una volta giunta di fronte allo scalone ove erano esposti i tappeti si è limitata a dire al gruppo più o meno queste parole "il museo Bardini conserva anche una  importante collezione di tappeti antichi cinque e seicenteschi. In fondo alla scalinata potete ammirare il tappeto detto "di Hitler" perché quando Hitler venne a Firenze nel '38  fu steso nella stazione di S.M. Novella, si dice che il dittatore, passandovi sopra, gli provocò un taglio con gli speroni degli stivali", fine dell'illustrazione dei tappeti Bardini!
E' purtroppo il risultato, la dimostrazione di una scarsa attenzione che il mondo della cultura italiana ha sempre dimostrato per il tappeto, che è considerato purtroppo il “nulla” perchè “figlio di un Dio minore”, o forse neanche quello. Non ci resta che proseguire la nostra missione di evangelizzazione attraverso Internet, lo strumento più nazionalpopolare e libero che il progresso ci abbia messo a disposizione per poter aiutare nel nostro piccolo quest'arte per farle ottenere il riconoscimento culturale che degnamente li spetta.
A seguire un reportage della collezione ivi esposta. Visitate il museo Bardini, perchè vale la pena.

Immagine tratta da: http://www.museicivicifiorentini.it/bardini

martedì 9 marzo 2010

I primi tappeti del Turkestan orientale e quelli della Cina erano tappeti "turchi"

Turkestan letteralmente significa «Terra dei Turchi», ed è una regione dell'Asia centrale, generalmente abitata da popoli turchi. Turchi Oghuz (noti anche come Turkmeni), Uzbeki, Kazaki, Cazari, Kirghisi e Uiguri sono solo alcuni dei ceppi turchi della regione. Questa grande terra turcomanna si suddivide in Turkestan occidentale e Regione Autonoma dello Xinjiang Uyghur (nota anche come Turkestan orientale o "Uyghuristan"), in Cina. Tappa obbligata lungo la via della seta che per duemila anni ha visto scorrere con le carovane di cammelli il commercio fra Oriente e Occidente il Turkestan Orientale ha vissuto vicende storiche piuttosto complesse, ma se l'influenza cinese iniziò a farsi sentire già prima dell'età cristiana favorendo persino l'introduzione del buddismo, il pattern iconografico della realtà tessile del Turkestan orientale è sempre stato originario degli sciti e solo successivamente è stato condizionato dall'influsso delle culture con cui le popolazioni dell'area venivano a contatto attraverso le invasioni e i viaggi delle carovane. Svariati reperti rinvenuti in tempi recenti grazie alle numerose campagne archeologiche hanno dimostrato come i tappeti del Turkestan orientale avessero una chiara connotazione iconografica propria e non di importazione o di influenza cinese. Le pitture della dinastia cinese Sung confermano questa tesi, con le precise raffigurazioni di tappeti geometrici di chiaro stile turcomanno e turco ma dai colori molto tenui  e forse è proprio questa variante, il vero ed insospettato anello di congiunzione storico che lega gli annodati turcomanni a quelli relativamente più giovani della Cina centro-orientale. Le scarse informazioni sui tappeti cinesi e i limitati reperti, non riescono infatti a delineare una soddisfacente e chiara evoluzione dello sviluppo del tappeto in Cina, ed è lecito pensare che furono proprio i popoli barbari del Turkestan orientale e i mongoli di Gengis Khan a far conoscere ai cinesi l'arte del tappeto. Quando Padre Gerbillon missionario gesuita raccontò di un loro viaggio fatto nel 1683 in Cina, vennero per la prima volta forniti dati precisi sulla produzione dei tappeti a Ning-hsia. I tappeti mostratigli dall'imperatore K'ang-hsi li aveva infatti definiti "Come i nostri tappeti turchi". Anche se nei documenti il gesuita non ha descritto i motivi dei tappeti visti alla corte dell'imperatore, è plausbile pensare che quel "come i nostri tappeti turchi" volesse significare non solo il metodo di realizzazione, ma anche colori e decori.

lunedì 8 marzo 2010

Metodi di realizzazione di un modello iconografico di un tappeto.

Esistono svariate tecniche per la realizzazione di esecuzione di un modello iconografico di un tappeto. Alcune sono ormai sorpassate soppiantate da metodi che favoriscono una realizzazione perfetta nella simmentria dei decori, oggi requisito importantisismo per non determinare in un manufatto contemporaneo l'ingrato aggettivo di "difettato" o pezzo di seconda e terza scelta.

Il modello del tappeto può essere:
  • spontaneo
  • memorizzato
  • preparato su cartone
  • disegnato sull'ordito
  • dettato ad alta voce
  • annodato su campione.
Il modello spontaneo
Il modello spontaneo è quello ormai scomparso, forse oggi ancora esistente presso certe tribù seminomadi che annodano tappeti solamente per il loro uso privato. L'annodatore realizza in maniera spontanea, decide quale lana colorata utilizzare e quindi quale decoro seguire man mano che procede nella confezione. In taluni esemplari antichi e vecchi, di chiara realizzazione spontanea (turchi, marocchini, indiani) si riconosce questo sitema, proprio per i piccoli disegni che si presentano sul modello in modi irregolari, per le sproporzioni di ornamento e per una totale mancanza di simmetria nell'insieme. Malgrado tutto questo noi sappiamo che il fascino di questi manufatti ormai irripetibili è tale da renderli estremamente interessanti e, sempre, rarissimi. Quale pezzo è più "unico" di quello che risponde a un determinato momento spirituale e ambientale, irripetibile e di estro di un annodatore?

Il modello imparato a memoria
Il modello imparato a memoria era il più diffuso presso le tribù nomadi, e presso i berberi dell'Alto Atlante. Questo metodo di realizzazione consiste nel ripetere a memoria l'impianto tipico del proprio clan e quindi tramandato di generazione in generazione, decori specifici dunque, resi abituali della lunga consuetudine. Può essere definito ancora un modello "spontaneo" ma a differenza dell'originale, presenta già la banalizzazione della riproduzione ripetuta.

Il modello su cartone o carta millimetrata
Il modello su cartone è quello oggi usato maggiormente. Nato dalla tradizione classica safavide e poi utilizzato anche dalla produzione europea, reso celebre dai nomi di pittori e miniaturisti che vi collaborarono dipingendoli e spesso firmandoli è il motore di quel fenomeno conosciuto come produzione standarizzata. Viene preparato un modello su carta millimetrata o finemente quadrettata in maniera che ad ogni quadretto vada corrispondere a un nodo che l'artigiano poi è demandato a ricopiare fedelmente e passivamente sul telaio. Con questo metodo, il manufatto non è più quindi espressione artistica, tradizionale o spirituale del singolo o di un clan, ma oggetto perfetto e ripetibile in tutte le sue simmetrie, i cui decori rappresentano quella fredda rsiposta di mercato generato dal consumismo di massa.

Il disegno sull'ordito
Il modello disegnato sull'ordito è il più semplice da seguire ed anch'esso rappresenta un metodo di realizzazione standarizzato del manufatto. Il modello viene tracciato direttamente sulle catene dell'ordito, lasciando così all'annodatore la sola incombenza di scegliere il colore giusto e realizzarevi il nodo.

Il talim
Questo metodo di realizzazione -oggi spesso abbinato al disegno sull'ordito- fu ideato ad Amritsar (in India). Invece della rappresentazione grafica, il modello viene descritto nodo dopo nodo da un lettore incaricato di leggerlo ad alta voce. File di annodatori ciscuno di fronte a un identico telaio si ritrovano così a realizzare più copie del medesimo tappeto. La litania è impressionante "uno giallo, due bianchi, uno nero, uno rosso, due giallo, uno scaralatto..."

Il Waghireh
I vaghireh vengono ancora utilizzati per lo più in piccoli centri dell'Anatolia e dell'Iran: i più antichi sono molto ambiti dai collezionisti. Consiste in un piccolo pezzo di tessuto annodato che raccoglie nel suo insieme la sintesi della campionatura dei decori da riprodurre nel tappeto. Di solito l'annodatura dei Waghireh oltre ad essere fittissima per contenere molti modellini in un unico pezzo di tessuto, rappresenta una testimonianza di simboli e motivi tipici di un determinato luogo, costituendo così un complemento prezioso per qualsiasi collezione di tappeti.

martedì 2 marzo 2010

Lettera aperta di Infotappeti ai politici

Riporto il testo di una lettera aperta ai politici pubblicata su Infotappeti a nome della comunità.
A tutti i politici italiani

Il 20 febbraio 2010 tutte le agenzie di stampa hanno battuto una dichiarazione del leader dell’Idv, avvenuta a margine di un iniziativa a sostegno della candidatura di Emma Bonino alla presidenza della regione Lazio. In questa dichiarazione probabilmente non consapevole di offendere tutta una categoria di persone (e per un politico "democratico" questo è un peccato mortale), Antonio Di Pietro ha aggettivato il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi "venditore di tappeti" in un chiaro uso negativo del termine.

PREMESSO CHE
i politici italiani non sono purtroppo nuovi all'uso infelice ed improprio di questo termine come analogia alla pratica di mestierante della truffa (vedasi precedenti di: Prodi, Cesa, ecc ecc).

ESSENDO INVECE CHIARO CHE:
chi vende tappeti tratta un prodotto culturale di valore storico, artistico, economico, molte volte anche collezionistico e persino sacro (e non solo all'Islam!)

LA COMUNITA' DI INFOTAPPETI:
composta e creata ogni giorno da persone (mercanti di tappeti, appasionati, collezionisti e neofiti) che vogliono far sentire la loro opinione, nella piena consapevolezza che questa voce nel mare magnum delle opinioni critiche e non critiche della situazione tematica, ma anche di quelle immediatamente correlate: questione economica, sociale nonchè culturale, non è poi tanto goccia considerato che il forum può vantare migliaia di pagine visitate ogni mese.

ESPRIME A NOME DELLA MAGGIORANZA DEGLI ISCRITTI:
il proprio vivo rammarico per il reiterato e negativo uso che la politica e i politici fanno del termine "venditore di tappeti", lavoro invece onesto e culturale fatto di uomini e donne non solo italiani, che meritano rispetto come qualsiasi altra categoria di lavoratori.

E CHIEDE:
che questa analogia odiosa non venga più utilizzata, nel rispetto pieno delle persone, dei lavoratori del settore, e del tappeto stesso inteso come prodotto artigianale e culturale orientale ed arabo e persino europeo.

Nella speranza che l'istanza venga dai politici italiani, accolta e compresa, la comunità di Infotappeti ringrazia.

INFOTAPPETI.

domenica 28 febbraio 2010

Questione e dinamica dello sfruttamento minorile in seno alla produzione contemporanea dei tappeti orientali

La cultura del tappeto oggi, deve necessariamente significare anche responsabilità sociale, poichè in molti paesi in via di sviluppo la produzione contemporanea dei tappeti è demandata a una manodopera minorile, realtà alla quale ovviamente va prestata molta attenzione. E' infatti anche per questo motivo che la mia scelta aziendale è, ed è sempre stata improntata, nella ricerca e nella vendita dei soli tappeti di vecchia e antica fattura, oppure di quei tappeti decorativi contemporanei provenienti da realtà tradizionalmente storicizzate e in questo senso garantite: Caucaso, Turchia, Persia, dove i bambini non annodano tappeti.
La generalizzazione: tappeto annodato uguale sfruttamento del lavoro minorile è purtroppo tristemente in uso da parecchi anni, e colpisce indiscriminatamente anche quelle tradizioni tessili che invece non fanno lavorare i bambini. Il pubblico che è superficialmente molto attento per quanto concerne i diritti fondamentali dell'uomo, ma è deficitario nelle informazioni specifiche, tende così a generalizzare, boicottando una produzione intera e un lavoro che sostiene milioni di famiglie, bambini compresi. A tal fine è bene chiarire una volta per tutte che non tutti i paesi impiegano manodopera minorile per realizzare tappeti. Le realtà dalle quali provengono tappeti annodati da manodopera infantile sono quelle meno tradizionali, ossia: India, Pakistan, Cina, Nepal e paesi del Nord Africa produzioni che scadono proprio per questo motivo in qualità e che tradizionalmente hanno poca o non hanno nessuna storia del tappeto. Tutte le altre produzioni quelle invece storicizzate: Turchia, Azerbaijan, Armenia, Georgia, Iran, e Tibet, non solo non appartengono alla lista nera, ma producono soprattutto annodati di qualità (che siano di produzione domestica, di atelier o di fabbrica) realizzati secondo specifici canoni tradizionali, estetici, e di esceuzione tecnica.
Va comunque detto che negli ultimi anni l'impegno responsabile dei grandi canali distributivi sta iniziando a mutare le cose anche in India, in Pakistan e in altri paesi; sono infatti nati in questo senso dei progetti, delle fondazioni e dei veri e propri marchi garantiti (come Rugmark), che per quanto concerne le produzioni contemporaneee dei tappeti indiani e pakistani, non solo certificano la natura del tappeto, ma che si preoccupano anche di supportare quelle famiglie di operai tessili, nel fornire a loro e ai loro figli un'istruzione ed un aiuto adeguato affinchè questi non debbano lavorare. Perchè uno degli aspetti più problematici che sono ed erano correlati al togliere i bambini dai telai, era quella che fare ciò significava automaticamente far precipitare le loro famiglie in uno stato di indigenza di cui gli stessi piccoli sarebbero stati le prime vittime.

mercoledì 17 febbraio 2010

Giorni contati per la manifattura di Kashan

E' la dichiarazione fredda e lucida di "Azam", madre iraniana di quattro figli e operaia nel reparto tessile dei laboratori di Kashan da oltre quarant'anni, a riportare all'attualità il male che attanaglia ormai da svariati anni la storica produzione dei tappeti iraniani, in specialmodo quella di Kashan. Negli ultimi 400 anni, la città di Kashan, è stata uno dei centri più importanti di produzione di tappeti intrecciati a mano, costruendosi anche una notevole reputazione per quanto concerne la produzione di tappeti in seta. Oggi i commercianti del bazar sono sicuri: "la manifattura di Kashan ha i giorni contati". Le cause? Secondo loro la città non è riuscita ad adattarsi ai cambiamenti nei gusti dei clienti nazionali ed esteri, e alla sleale concorrenza di Cina, India e Pakistan.
Ma la crisi dei tappeti in Iran rischia di diventare qualcosa di più di un semplice mondo che cambia, rischia di travolgere migliaia di lavoratori e trasformarsi in un problema sociale per l'Iran che è già nel bel mezzo di una crisi interna ed estera grave. Del resto i dati parlano chiaro: le esportazioni sono crollate dell' 80 per cento negli ultimi dieci anni. e nell'ultimo anno iraniano (che si è concluso il 20 marzo 2009), i tappeti hanno fruttato solo 410 milioni di dolari (stime dell'Iran Carpet National Centre).
Gli analisti inoltre stimano che il numero dei tessitori impiegati nel comparto tappeti è diminuito da 2 milioni nel 2007 a meno di 1,2 nel 2009. Molti infatti hanno già abbandonato il settore entrando in quello del terziario e nel comparto agricolo come "braccianti".

Per approfondire: http://www.ft.com/cms/s/0/5a5c0444-1669-11df-bf44-00144feab49a.html

mercoledì 3 febbraio 2010

Prossimamente: un museo dei tappeti antichi a Milano

A Milano nel 2011 in Piazzetta Formentini a pochi metri dalla Pinacoteca e dall’Accademia di Belle Arti di Brera, aprirà il primo museo dedicato completamente ai tappeti ed ai tessuti antichi.
Si chiamerà “Museo di Arte Tessile Antica” e pezzo forte della collezione sarà sicuramente un noto antico tappeto persiano “Isfahan”, della metà del XVI secolo di classico impianto naturalistico proveniente dalla collezione di Moshe Tabibnia. Tappeti e tessuti antichi, soprattutto provenienti dalle zone milanesi e genovesi costituiranno in uno spazio di 2800 metri quadrati la collezione di cui proprio Moshe Tabibnia, mecenate e collezionista privato, ne rappresenta il fulcro e l'anima ispiratrice.
Ma il sogno di Moshe Tabibnia e di tutti noi addetti al settore, non si ferma naturalmente quì, l'auspicio è infatti quello di riuscire a creare un database online contenente tutte le opere presenti in Italia. “L’idea è di creare un museo che sia un luogo di ricerca. La collezione sarà lo strumento per studiare una materia delicata come questa. Ci saranno laboratori scientifici per analizzare le tecniche e dare date certe d’esecuzione”.