Chi è appassionato di tappeti lo sa, io, Alberto De Reviziis sono l'unico in Italia a non aver utilizzato internet come un semplice atto di presenza commerciale. Sul web c'era un vuoto culturale enorme da colmare, il neofita come pure il professionista, non aveva spazi dedicati al tappeto se non quelli offerti dai soliti siti inglesi o americani. Il metodo di informazione principe rimaneva il libro, uno strumento utile per approfondire l'aproccio con il tappeto, ma inutile per promuoverlo. Chi compra sostanzialmente un libro di tappeti si presume sia infatti già una persona interessata, o addirittura preparata, e questo continuava a rendere l'argomento tappeto una passione ed un tema per pochi. E poi c'era il mondo delle televendite, in alcuni casi anche utile, ad allenare l'occhio e a sviluppare una conoscenza del lato più commerciale del tappeto, ma anche un mondo troppo spesso viziato da omissioni e rivisitazioni per ovvi motivi di interesse commerciale. Così creai Tappetorientale, uno spazio rivoluzionario nel mondo del tappeto in Italia, che permetteva un facile accesso a informazioni altrimenti rare e al contempo offriva spazi a notizie, oltre che una finestra per commentare. A quasi un anno dalla sua nascita Tappetorientale conferma con i numeri il successo di questa operazione. Visitato quotidianamente da un minimo di 80 visitatori ad un massimo di 200, con una media di 70 nuovi visitatori al giorno, Tappetorientale viene oggi riconosciuto (e quindi anche linkato) come una risorsa anche da numerosi siti commerciali di commercianti che hanno saputo riconoscere in questa iniziativa l'onestà ed il valore intellettuale di quest'opera, nata dalla passione di un "amatore" prima ancor che commerciante di tappeti quale il sottoscritto. Qualche giorno fa un amico nonchè appassionato di tappeti mi ha detto "non riesco più a seguire tutte le iniziative che crei e che proponi". Certo, di fronte alla nascita di "Tappetimagazine" alcuni diranno "ma non bastava questo blog?" Si, ma è moltiplicando gli eventi che anche il grande pubblico si interessa di più. Ecco, io credo che se qualche collega come Alberto Boralevi in preparazione di un anno, difficile, ma non per questo necessariamente negativo, ha annunciato in controtendenza l'apertura del suo nuovo Showroom, a Palazzo Frescobaldi in Via S.Spirito 11 a Firenze (dove per l'anno avenire terrà una serie di mostre tematiche dedicate a tappeti e tessili antichi), se sono state allestite mostre sui tappeti un po ovunque, se insomma è ritornata una certa attenzione da parte del grande pubblico verso il tappeto annodato, questo lo si deve anche a quest'aria contagiosa che il mio blog e le mie idee hanno diffuso. Il 2008 ha visto la nascita di tanti nuovi soggetti, che hanno catalizzato gli appassionati: Infotappeti, Tappetorientale, e adesso Tappetimagazine; a qualcuno potrà sembrare una dispersione di energie, sopratutto in questi giorni che scrivo poco o nulla, ma non è così. E' invece solo la calma che precede la tempesta; lo so, in questi giorni non sto scrivendo praticamente niente da nessuna parte e specialmente in questo blog che in tanti ormai seguono affezionatamente, ma è solo perchè tra le feste e il lavoro, ho veramente avuto poco tempo da dedicare alle tante cose che sto cercando di realizzare, tra queste il sito commerciale che mi sta costando molte energie e ore al pc (essendo io molto scrupoloso, sto cercando di realizzare un sito molto descrittivo e dalla comunicazione innovativa). Ormai manca un giorno, alla conclusione di quest'anno controverso che verrà certamente ricordato più per le cose negative che per quelle positive, voglio approfittare di questa vigilia, non solo per augurare ai miei lettori, amici e colleghi un buon principio, ma anche per invitarli a focalizzarsi sulle cose positive che ci sono e che si possono creare. In fondo questo stesso blog è la dimostrazione che nulla è impossibile, basta la volontà e anche le cose più irreali possono diventare vere. Chi altri aveva scommesso su un blog che parlasse sui tappeti? Troppo di nicchia mi dicevano, e invece.. da un blog ne è nato un altro, con una redazione al completo Barry O'connel compreso! Buon anno e buoni proponimenti a tutti, colleghi commercianti compresi, anzi sopratutto a loro che nel bene e nel male sono stati gli unici in tutti questi anni a fare da ambasciatori di quest'arte che oggi in questo momento delicatissimo merita sicuramente di più. Io sto lavorando per questo.Alberto De Reviziis




Precedentemente al secondo dopoguerra (a parte un paio di opere fondamentali, oggi divenute dei classici) sull'affascinante materia dei tappeti orientali si era stampato poco o nulla. Fino al '900 infatti, i tappeti avevano potuto raggiungere i mercati occidentali in quantità relativamente ridotte ed erano ancora reputati non suscettibili di una precisa descrizione e di una classificazione approfondita. Fu quando il commercio dei tappeti crebbe fortemente, divenendo da prodotto per pochi a prodotto anche per la classe media, che si sentì la necessità di inquadrare le produzioni proposte al pubblico non più secondo identificazioni del tipo “tappeto persiano o tappeto turco" ma di inquadrare meglio l’area geografica di provenienza. Se da un lato i commercianti o i mercanti di un tempo -che allora sapevano poco o nulla-, iniziarono in maniera superficiale e fallace un goffo tentativo di identificazione dei tappeti, dando così vita a grossolani errori che si prolungarono nel tempo; è anche vero che seppure sbagliando, avviarono comunque un processo di studio scientifico di quest'arte, che vide via via l'interessarsi generale di studiosi ed esperti e che oggi senz'altro hanno contribuito a chiarire moltissimi aspetti. Nonostante la conoscenza acquisita, nomi e false attribuzioni ereditate dal passato sono però, per alcuni tappeti, oggi, ancora in uso; è il caso dei fantastici Ushak o dei Karapinar realizzati in Anatolia nel 1500 e comunemente chiamati Lotto (il nome del pittore che li aveva ritratti nelle sue opere), o del Fantastico ed imponente "Ardebil" del Victoria and Albert Museum di Londra, il quale non è affatto un Ardebil, ma piuttosto un Tabriz annodato per la moschea di Ardebil e lì ritrovato. Forse, fanno bene i colleghi a lasciare immutati i nomi che questi famosi tappeti hanno ormai acquisito nel tempo, ma è comunque una scelta più dettata dalla pancia che dalla scienza, e che forse non aiuta chi in qualità di neofita, tenta un primo approccio con questa misteriosa quanto affascinante arte.

